L’INTERVISTA
Voucher, dalla padella alla brace
di Fabrizio De Pascale
Dopo qualche giorno di confronto inter-governativo e inter-PD, il governo Gentiloni, un po’ a sorpresa, ha deciso di abrogare “senza se e senza ma” i voucher per evitare il referendum abrogativo proposto dalla Cgil, già fissato per il prossimo mese di maggio.
Non poteva essere altro l’argomento dell’intervista domenicale con Stefano Mantegazza, segretario generale della Uila-Uil.
Fabrizio. Allora te la godi?
Stefano. Passo la domenica con te, ti sembra divertente?
F. Beh, questo veramente dovrei dirlo io che passo più tempo con te che con mia moglie… Comunque, veniamo al dunque. Dopo anni di scioperi, manifestazioni, interviste, incontri e scontri, i voucher sono finiti… Andati…Kaput. Non è una bella soddisfazione per il sindacato?
S. Assolutamente no. Ho sempre creduto che l’intuizione di Marco Biagi di far emergere il lavoro accessorio e occasionale fosse giusta, così come ho sempre sostenuto che fossero sbagliate le norme che, nel corso degli anni, ne hanno allargato il campo di applicazione.
F. Il Governo però ha deciso di cancellare in toto la normativa, così, in quattro e quattr’otto…
S. Sì, con un decreto-legge ha cancellato i buoni-lavoro e ha reintrodotto la responsabilità solidale delle imprese negli appalti. Quest’ultima scelta è assolutamente condivisibile perché si ripristina una norma voluta dal governo Prodi e poi cancellata da uno dei tanti governi successivi, convinti che minori tutele del lavoro fossero utili a far ripartire il paese. Ma nessuno aveva mai chiesto di cancellare completamente i voucher.
F. Come, come?
S. Ma si, con questa decisione il governo ha superato tutti a sinistra: i disegni di legge presentati in commissione lavoro, le proposte degli scissionisti del PD e quelle del Movimento 5 Stelle e, alla fine, anche quelle della stessa Cgil…
F. Ma dai! Dici sul serio?
S. Basta leggere la Carta dei diritti del lavoro della Cgil. Lì si parla di lavoro occasionale e accessorio fortemente limitato ma confermato.
F. Dunque una decisione che guarda solo al giardinetto (o al teatrino come si diceva qualche anno fa) della politica?
S. Esatto e purtroppo a un giardinetto “piccolo piccolo”. Il governo, con questa scelta, evita due mesi di campagna elettorale che avrebbero dilaniato soprattutto il PD ma apre, nel paese, un buco nero che rischia di ingoiare tanto lavoro emerso. Abrogare i buoni non è la soluzione giusta, piuttosto andavano corretti per farli funzionare bene ed evitarne gli abusi che abbiamo denunciato quotidianamente.
F. E ora che si fa?
S. Credo che la soluzione migliore sia di definire un nuovo accordo tra sindacato, sistema delle imprese e governo per regolare le attività accessorie e occasionali.
F. Hai qualche idea da proporre?
S. Per prima cosa distinguere i buoni ad uso delle famiglie da quelli destinati alle imprese. Per i primi si potrebbe prendere spunto dalla normativa francese.
F. Come funziona?
S. Un sito internet dedicato per contattare direttamente baby-sitter o badante e pagare on-line. Poi forti sconti sulle tasse: le famiglie che usano il sito hanno diritto a un credito d’imposta che copre la metà della spesa fino a un massimo di 6 mila euro l’anno. Se spendono 3 mila euro quest’anno, il prossimo potranno risparmiare 3.000 euro sulle tasse. Un formidabile incentivo contro il lavoro nero.
F. In effetti è un vero affare…
S. Potrebbe essere un sistema estremamente semplice ed efficace, anche in Italia, per aiutare le famiglie e sostenere la natalità, come in molti dichiarano di voler fare.
F. E per le imprese come si può fare?
S. Si deve partire da un presupposto su cui non intendiamo fare sconti…
F. Quale?
S. Il lavoro alle dipendenze delle imprese è comunque un lavoro dipendente.
F. E quindi?
S. E quindi i contributi previdenziali posti a carico del datore di lavoro devono essere quelli previsti dalla gestione dei dipendenti e la retribuzione giornaliera deve essere quella prevista dai contratti.
F. Ma così non viene meno la convenienza per le imprese?
S. La convenienza sta nella velocità: mi manca una persona, il sostituto lo pago con un voucher ma non lo pago meno. Noi dobbiamo insistere su questa scelta: il lavoro precario deve costare più di quello a tempo indeterminato.
F. Beh, in fondo è la stessa scelta compiuta da Renzi con il Jobs Act e il contratto a tutele crescenti. O no?
S. Adesso ti tiro una scarpa in fronte che ti resta il segno!
F. Perché, che ho detto di così sbagliato?
S. Non sei sbagliato tu, ma il Jobs Act e la filosofia che ne è alla base.
F. In che senso?
S. Con il Jobs Act, Renzi ha regalato al sistema delle imprese 20 miliardi di incentivi e ha reso più facili i licenziamenti. Poi ha promesso a chi perdeva il lavoro un sistema più efficiente di ricollocazione, riqualificazione, formazione professionale e welfare. Promessa che, però, non ha mantenuto.
F. In effetti…E cosa succederà finito il periodo delle agevolazioni?
S. Indovina? Aumenteranno i licenziamenti che già ora non sono pochi. Alla fine si è trattato, in realtà, di una operazione di propaganda politica costata un sacco di soldi e tesa a indebolire diritti e tutele del lavoro.
F. Anche in questo caso proposte?
S. Ripeto: il lavoro a tempo indeterminato deve costare meno alle aziende di quello precario, ma in termini strutturali, non per tre anni ma per sempre. Questa è la strada giusta da percorrere.