RECESSO DATORE LAVORO
Validità ancorata a dimensioni di impresa non a patto di prova
Se il patto di prova è illegittimo, non è detto che il recesso del datore di lavoro che si basa su di esso sia invalido ma dipende dalla tutela che si applica ai licenziamenti (reale o obbligatoria) connessa alle dimensioni dell’impresa.
È quanto ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 17921/2016, cambiando orientamento rispetto alla tesi precedente in cui sosteneva che la nullità del patto di prova travolgesse, come conseguenza automatica, gli effetti del recesso datoriale e determinasse la ricostituzione del rapporto di lavoro e il diritto del dipendente al risarcimento del danno.
Nel caso di specie, un dipendente di un centro di formazione professionale era stato licenziato per mancato superamento del periodo di prova, nonostante avesse già lavorato con contratto a progetto per la stessa società. La Corte d’Appello, giudicando nullo il patto di prova e conseguentemente inesistente il recesso, ha condannato il datore di lavoro alla reintegrazione con risarcimento del danno. La Cassazione, pur confermando la nullità del patto di prova, ha precisato che il licenziamento basato su di esso è ancorato alla disciplina dei licenziamenti illegittimi ma che la tutela solo risarcitoria (art. 8 l. 604/66) o anche reintegratoria (art. 18 L. 300/70) dipende dalle dimensioni dell’impresa, sopra o sotto i 15 dipendenti.