Al lavoratore che svolga la sua attività per un monte ore di gran lunga eccedente i limiti previsti dalla legge e dalla contrattazione collettiva spetta il risarcimento del danno psico-fisico subìto.
E’ quanto si evince dall’ordinanza n. 12540 del 10 maggio 2019, emessa dalla Sezione Lavoro della Cassazione, in relazione al caso di un lavoratore addetto al servizio di vigilanza di una SPA che, per diversi anni, aveva lavorato per un numero di ore ben maggiore rispetto a quanto disposto dal proprio CCNL di riferimento, senza ricevere la corresponsione della corretta retribuzione e senza godere dei riposi compensativi.
Secondo la giurisprudenza della Suprema Corte, una volta accertata l’abnormità della prestazione eseguita, e che tale circostanza si sia verificata per anni, si configura inevitabilmente una compromissione dell’integrità psicofisica e della vita di relazione del lavoratore, determinandosi un danno di natura non patrimoniale, differente dal danno biologico, definito appunto dai Giudici “danno da usura psico-fisica”. In presenza di una tale situazione, dunque, ad avviso della Cassazione, il danno si presume, dandosi per accertata l’avvenuta violazione dell’art. 36 della Costituzione (retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro prestato, durata massima della giornata lavorativa, diritto al riposo settimanale). Il giudice dovrà pertanto limitarsi a determinare il risarcimento dovuto al lavoratore.
La Suprema Corte ha inoltre affermato che, ai fini del diritto al risarcimento, a nulla rilevi l’eventuale assenso o addirittura la richiesta esplicita del lavoratore di effettuare una quantità di ore di straordinario eccedenti i limiti di legge e di contratto (c.d. “concorso colposo” del lavoratore nella produzione del danno): a fronte degli obblighi gravanti sul datore di lavoro ex art. 2087 c.c., ossia tutelare l’integrità psico-fisica e la personalità morale del lavoratore, l’eventuale volontarietà o disponibilità di quest’ultimo non potrebbe comunque essere considerato condotta causalmente collegata all’evento, rappresentando una mera esposizione a rischio di per sè inidonea a determinare un concorso giuridicamente rilevante.