Prevenzione, più vigilanza e contrasto, protezione, assistenza e reinserimento sociolavorativo per le vittime. È quanto prevede il primo Piano triennale di contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura e al caporalato (2020-2022), approvato a Roma al ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Dieci le azioni prioritarie.
Il piano è frutto della collaborazione tra tutte le istituzioni impegnate a livello centrale, regionale e locale contro lo sfruttamento e il caporalato, riunite nel Tavolo presieduto dal ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Nunzia Catalfo e dalla ministra per le politiche agricole Teresa Bellanova e aperto ad associazioni di categoria, sindacati e terzo settore.
Il Tavolo, la cui segreteria sarà curata dalla Direzione Generale dell’Immigrazione e delle politiche di integrazione del Ministero del Lavoro, inoltre, è supportato dall’International Labour Organization nell’ambito di un programma di sostegno alle riforme strutturali (SRSP) finanziato dalla Commissione Europea.
“Il piano nazionale di contrasto al caporalato e allo sfruttamento del lavoro agricolo rappresenta una pietra miliare dell’impegno istituzionale che le ministre del lavoro e delle politiche agricole Nunzia Catalfo e Teresa Bellanova stanno portando avanti per contrastare questo odioso fenomeno che colpisce i lavoratori e denigra le aziende agricole virtuose. Apprezziamo, dunque, la determinazione con cui si sta attuando il percorso, ma riteniamo fondamentale passare alle azioni concrete e soprattutto coordinare i servizi ispettivi a tutela dei lavoratori” ha dichiarato Giorgio Carra, segretario nazionale Uila, intervenendo alla riunione del tavolo contro il caporalato. “E’ necessario, infatti, rendere operative in tempi brevi le azioni previste dal piano per affrontare alla radice una serie di problematiche più drammatiche che, puntualmente, si ripresenteranno durante le stagioni dei cicli produttivi, soprattutto in quelle aree dove ancora insistono i ghetti” ha aggiunto. “Per la Uila è inoltre essenziale che i servizi ispettivi, previsti nel capitolo della vigilanza e del contrasto, siano ampliati e coordinati per colpire sia gli sfruttatori diretti, ovvero i caporali, sia quelli indiretti, ovvero le aziende agricole che se ne avvalgono, garantendo una protezione sempre più completa ai lavoratori sfruttati”.
Partendo da una mappatura dei territori e dei fabbisogni di manodopera agricola, il Piano affianca interventi emergenziali e interventi di sistema o di lungo periodo, seguendo 4 assi strategici: prevenzione; vigilanza e contrasto; protezione e assistenza; reintegrazione socio-lavorativa.
Proprio questi assi, saranno declinati in 10 azioni, considerate prioritarie:
1. Un sistema informativo con calendario delle colture, dei fabbisogni di manodopera e altri dati e informazioni sviluppato e utilizzato per la pianificazione, gestione e monitoraggio del mercato del lavoro agricolo.
2. Interventi strutturali, investimenti in innovazione e valorizzazione dei prodotti per migliorare il funzionamento e l’efficienza del mercato dei prodotti agricoli.
3. Rafforzamento della Rete del lavoro agricolo di qualità, espansione del numero delle imprese aderenti e introduzione di misure per la certificazione dei prodotti migliorando la trasparenza e le condizioni di lavoro del mercato del lavoro agricolo.
4. Pianificazione dei flussi di manodopera e miglioramento dell’efficacia e della gamma dei servizi per l’incontro tra la domanda e l’offerta (CPI) di lavoro agricolo per porre un freno al ricorso al caporalato e ad altre forme d’intermediazione illecita.
5. Pianificazione e attuazione di soluzioni alloggiative dignitose per i lavoratori del settore agricolo in alternativa a insediamenti spontanei e altri alloggi degradanti.
6. Pianificazione e attuazione di soluzioni di trasporto per migliorare l’offerta di servizi adeguati ai bisogni dei lavoratori agricoli.
7. Campagna di comunicazione istituzionale e sociale per la prevenzione e sensibilizzazione sullo sfruttamento lavorativo e la promozione del lavoro dignitoso.
8. Rafforzamento delle attività di vigilanza e contrasto allo sfruttamento lavorativo.
9. Pianificazione e attuazione di un sistema di servizi integrati (referral) per la protezione e prima assistenza delle vittime di sfruttamento lavorativo in agricoltura e rafforzamento degli interventi per la loro reintegrazione socio-lavorativa.
10. Realizzazione di un sistema nazionale per il reinserimento socio-lavorativo delle vittime di sfruttamento lavorativo in agricoltura.
“Non esistono filiere sporche. Esistono i comportamenti penalmente rilevanti delle singole imprese, che dobbiamo mettere fuori dal sistema. Noi per questo investiremo sulla semplificazione amministrativa, sul collegamento e la condivisione dei dati tra diverse istituzioni, sui contratti di filiera e nelle politiche di filiera, perché vogliamo una più equa distribuzione del valore e vogliamo trovare un’alleanza col cittadino” ha precisato la Ministra Teresa Bellanova.
“È il consumatore che deve aiutarci a spezzare la catena dello sfruttamento, perché se un prodotto viene venduto sotto il costo di produzione, c’è qualcuno che quel costo lo paga. Sia il lavoratore in nero o l’azienda agricola o di trasformazione che non ce la fa. Per questo stiamo lavorando a rafforzare le norme per filiere più giuste a partire dalla lotta alle pratiche sleali di mercato”.
“La funzione rilevante della Rete del lavoro agricolo di qualità è evidente: il piano stesso segnala l’esigenza che condivido di rendere effettiva la sua essenza di precontrollo delle aziende, orientando così i controlli sui non iscritti, e va rafforzata nell’apertura delle sezioni territoriali e sulle premialità. Nel collegato agricoltura alla legge di bilancio, che presenteremo a giorni, c’è una proposta normativa in questo senso e che è stata condiviso al Tavolo di contrasto al caporalato.”
“Dobbiamo rafforzare ed esaltare il valore delle imprese alimentari e agricole come laboratori di integrazione quotidiana”, ha concluso la Ministra. “Soprattutto nelle aree interne e rurali, dove l’attività agricola è un presidio fondamentale per il territorio e dove si sperimentano forme reali di integrazione sociale e culturale, non solo lavorativa”.