AGRICOLTURA
Assunzioni congiunte, sulla carta tante opportunità da cogliere
Ancora da risolvere questioni economiche e fiscali
di Fabio Caldera
Con il DM del 27/03/2014 è stato prevista la possibilità di instaurare “rapporti di lavoro congiunti” nel settore agricolo, mediante l’assunzione congiunta di un lavoratore (con contratto dipendente) per lo svolgimento di attività presso aziende coobbligate all’assunzione. Questo vuol dire che più aziende agricole possono divedersi i medesimi lavoratori, garantendosi una manodopera certa e costante nel fabbisogno che ad ognuna sarà più consono e contrastando, al tempo stesso, il fenomeno del caporalato e del ricorso al lavoro nero.
Tali rapporti rientrano nella fattispecie più ampia prevista dai contratti di rete normati nell’art. 1 bis del D.lgs 91/2014 secondo cui “la produzione agricola da esso derivante può essere divisa fra i contraenti in natura con l’attribuzione a ciascuno, a titolo originario, della quota di prodotto convenuta nel contratto medesimo”. Appare chiaro che il contratto di rete, essendo un’aggregazione tra aziende, è anche in agricoltura uno strumento per spingere le imprese a cooperare e quindi ad accrescere la loro competitività in base ad un programma condiviso, sia per la produzione e la trasformazione dei prodotti che per la loro commercializzazione.
Occorre ora però ben identificare quali siano gli effetti del contratto di rete sulla ripartizione del reddito agrario tra le aziende e come vadano gestiti gli oneri fiscali da esso derivanti. L’Agenzia delle Entrate, Direzione Generale del Lazio, con la nota 427/2015, ha diramato un primo chiarimento a riguardo affermando che costi e proventi derivanti dalla commercializzazione dei prodotti agricoli effettuata dall’azienda capofila, non concorrono a formare il reddito dell’azienda medesima ma dovranno essere ripartiti tra le aziende collegate.
In merito all’impatto fiscale, una circolare del 2013, la n. 20 esamina il caso di un contratto di rete che prevede la produzione e la trasformazione di prodotti ortofrutticoli destinati alla grande distribuzione verso cui le aziende agricole cedenti devono essere accreditate e la sola ad esserlo risulta l’azienda capofila. Nel documento si chiarisce che i rapporti tra aziende partecipanti alla rete possono essere ricondotti al mandato senza rappresentanza, per cui il mandatario agisce per conto del mandante, ma in nome proprio. L’azienda capofila, quindi, vende i prodotti della rete e poi dà alle aziende il ricavato in base alla loro quota di produzione; nonostante la parte di prodotti fatturati, ma non di proprietà della capofila, non rilevino ai fini delle imposte dirette, restano ancora molti gli aspetti non chiari che dovranno essere individuati e specificati dal legislatore.
Fin quando non sarà perfettamente disciplinato il nuovo sistema di rete sarà un rischio troppo alto per le aziende instaurare tali contratti, in quanto l’impresa capofila rischia di essere responsabile per tutto il gruppo, esponendosi ad un peso elevato di controlli e incombenze non giustificabili. Occorrerà quindi attendere che siano ben specificate le linee guida per poter stipulare tali contratti e rendere effettiva una rete che, sulla carta, ha delle importanti opportunità che non devono andare perse.