Rivolgere accuse infondate ad una collega è mobbing e il datore di lavoro è tenuto al risarcimento del danno perché non ha garantito la serenità della dipendente sul posto di lavoro.
Così la Corte di Cassazione, sezione lavoro, con la sentenza n. 27913 del 4 dicembre 2020, si è pronunciata su un tema molto importante e delicato e ha condannato l’azienda a risarcire il danno alla lavoratrice per le condotte vessatorie messe in atto da altri colleghi che avevano un esplicito intento persecutorio.
Per i giudici il datore di lavoro, pur non essendo direttamente responsabile del comportamento vessatorio, non è esente dalla responsabilità rispetto ai propri obblighi di tutela previsti dalla norma di ordine generale di cui all’art. 2087 del codice civile e, quindi, ha il dovere di garantire un ambiente di lavoro sereno.
La decisione della Corte si radica sul concetto di sicurezza sul lavoro che comprende anche l’esclusione di danni morali e stabilisce che il datore deve essere un “garante” a 360 gradi dei suoi dipendenti