L’EDITORIALE
Renzi suona il piffero e l’Italia incantata lo segue
di Stefano Mantegazza
Nessuno immaginava che, alla vigilia di un importante appuntamento elettorale, il governo adottasse nel Documento di economia e finanza (DEF) misure utili a tagliare la spesa pubblica improduttiva, premessa indispensabile a ridurre le tasse e quindi ad avviare una ripresa economica del paese. Il passaggio da una crescita dello zero-virgola a quella necessaria a far quadrare i conti dello Stato e degli italiani passa infatti per una riduzione drastica del perimetro dello stato non facile da gestire in assoluto e in particolare in campagna elettorale.
La pantomima che è andata in onda però è tutt’altra cosa: dichiarando a gran voce “niente tagli, né aumenti delle tasse” il presidente del consiglio ha presentato un’ipotesi di manovra, da realizzare nella Legge di stabilità, che prevede una riduzione delle agevolazioni fiscali (quindi un incremento delle tasse) per circa 2,4 miliardi e un taglio alle spese per 7,2. L’importo è destinato a evitare che la pressione fiscale aumenti l’anno prossimo sotto forma di incremento dell’IVA e delle accise. Quindi non ci sarà un intervento di politica economica ulteriore per liberare risorse utili a far crescere in maniera adeguata il Paese.
Ancora una volta, piuttosto che scontrarsi con i tanti che nelle istituzioni locali di tagli non vogliono sentire parlare, il Presidente del Consiglio preferisce affidarsi all’Euro debole, al prezzo del petrolio basso e ai tassi sul debito pubblico che tendono allo “zero”. Per evitare critiche più che giustificate per la latitanza del suo Esecutivo su questo fronte, che si inventa il Presidente del Consiglio? La possibilità che, da qui a fine anno, avanzi nel bilancio dello Stato 1,6 miliardi di euro da offrire ai più bisognosi. Successo garantito. Il paese smette di interrogarsi sul proprio futuro e si getta sull’osso offerto.
Il famoso pifferaio era un dilettante in confronto: Renzi suona il suo piffero magico attraverso tweet, conferenze-stampa, interviste compiacenti. Gli spartiti, però, sono musica solo per chi preferisce aprire le orecchie e chiudere gli occhi davanti alla realtà. Un giorno Renzi al piffero e Poletti al pianoforte, suonano le meraviglie di decine e decine di migliaia di nuovi posti di lavoro.
Il giorno dopo i dati dell’ISTAT e dell’INPS li smentiscono: le assunzioni, nei primi due mesi del 2015, sono state 968.883, appena 13 in più rispetto allo stesso periodo del 2014.
E se il dato sulle assunzioni a tempo indeterminato è positivo (+20%) grazie agli incentivi previsti dalla legge di stabilità, non è altrettanto significativo quello sulle assunzioni totali, rimaste al palo rispetto al 2014 a causa della diminuzione dei contratti precari.
Ma, intanto, c’è già un altro concerto in programmazione. Quello delle tasse che non aumentano, da suonare con il Ministro Padoan. Anche qui i numeri dicono altro. Dicono che il totale delle entrate tributarie crescerà quest’anno al 30,3% del Pil rispetto al 30,1% del 2014 e continuerà a crescere negli anni successivi (2016 e 2017) al 31,2%. La pressione fiscale propriamente detta si collocherà quest’anno al 43,5%, confermando il valore del 2014, e salirà poi al 44,%1 nel 2016 e nel 2017.
Dicono che la promessa del Governo di non aumentare le tasse, tradotta dal politichese, vuol dire che quest’anno Renzi e Padoan a ridurle nemmeno ci pensano. Una notizia agghiacciante per lavoratori, pensionati, contribuenti onesti, ancora condannati a versare al Fisco oltre la metà dei loro già magri redditi.
Pifferaio e pianista di turno, a consolazione di chi ha pagato e continua a pagare troppe tasse, annunciano che, se tutto andrà bene, l’anno prossimo ne pagheranno meno. Ora regalano al Paese un altro bel concerto. Il titolo: “come spendere soldi che al momento non abbiamo”.
Il tesoretto, infatti, si materializzerà alzando il deficit dal 2,5% al 2,6% e a condizione che il Pil cresca almeno dello 0,7%. A condizione che si verifichi la crescita e l’inflazione attesa. Quindi solo a fine anno si saprà se queste risorse ci sono o no. Comunque, concerto tutto esaurito! Complimenti!
A noi però questa sinfonia del DEF, presentato venerdì scorso, appare quanto mai stonata. Lo scenario prefigurato a tre anni segna il ritorno della crescita dopo un prolungato periodo di recessione. Per il 2015 il PIl è visto in crescita dello 0,7% per il 2016 dell’1,4% e per il 2017 dell’1,5%. Gli obiettivi di indebitamento per il triennio 2015-2017 sono pari rispettivamente a 2,6%, 1,8% e 0,8% del Pil. Il deficit per il 2015 fissato al 2,6% anziché al livello cui normalmente tenderebbe del 2,5% consente di liberare risorse per 1,6 miliardi circa.
Per uscire dalla crisi e cominciare a ripagare il debito pubblico, l’Italia deve strutturalmente crescere tra Pil e inflazione intorno al 4,5% l’anno. I numeri allegati al DEF confermano che nei prossimi tre anni non raggiungeremo mai questo obiettivo e quindi il paese continuerà, nella migliore delle ipotesi, a vivacchiare tra grandi sofferenze: alta disoccupazione, bassa produttività, debito pubblico in crescita, investimenti in calo. E, tuttavia, malgrado i fatti ed i numeri suonino purtroppo questa musica, Renzi continua a solfeggiare sul suo magico piffero le sue infinite variazioni sul tema del “tutto andrà ben, madama la Marchesa”.
A me, dopo ogni concerto sulla fortuna di avere Renzi al Governo, viene alla mente una canzoncina dei tempi di Pancho Villa e mi sento fortunato come la povera Rosita, colpita da tre revolverate ma, per sua fortuna, da una soltanto mortale.