AGRICOLTURA
Nei campi 909mila braccianti. Un terzo ha lavorato meno di 50 giornate
Da elaborazione Uila su elenchi anagrafici Inps 2014 il 64,8% è italiano
Sono oltre 900mila i braccianti agricoli a tempo determinato che sono stati impegnati l’anno scorso nel lavoro dei campi. Di questi più di 303 mila non hanno raggiunto le 50 giornate lavorative, mentre oltre 600mila hanno lavorato in una fascia di giornate comprese tra i 51 e 365 giorni. Solo un terzo dei braccianti è immigrato, mentre è ancora alta la presenza di italiani in agricoltura: la percentuale di connazionali che lavora i campi è pari al 64,8% contro il 35,2 di stranieri, per lo più concentrati al Sud, mentre al Nord prevale il lavoro straniero. La Puglia è la regione dei primati: con il 20% del totale nazionale ha il maggior numero di braccianti agricoli (181.273), il maggior numero di italiani (140mila, il 24% del totale), di stranieri (40,707, 13%) e di donne (76mila, 22%).
E ‘quanto risulta dai dati elaborati dall’osservatorio Uila-Uil sugli elenchi anagrafici Inps 2014 sulla base dei quali sono state analizzate le giornate lavorate dai braccianti, la provenienza e la presenza regionale dei lavoratori italiani e stranieri in agricoltura.
L’analisi, effettuata dal segretario nazionale Giorgio Carra sulla base delle dichiarazioni delle aziende riguardo ai lavoratori a tempo determinato che hanno lavorato almeno una giornata durante la stagione 2014, rivela che il lavoro agricolo è ancora fonte di sostentamento per molti italiani, soprattutto al Sud. Che l’agricoltura nazionale parli ancora italiano è dimostrato da 589.285 connazionali che lavorano i campi (su 909.528 braccianti totali) a fronte dei 320.243 stranieri.
Un dato che riguarda moltissime regioni e si evidenzia con più forza al Sud dove la percentuale di italiani raggiunge il 78% : qui su 544.610 lavoratori, ben 424.564 sono italiani, prevalentemente concentrati tra Puglia (140.566), Sicilia (114.606) e Calabria (87.773). Il resto sono diversamente distribuiti tra Centro e Nord. Al Centro sono 57.497 gli italiani (51,7%) impegnati nei campi per lo più in Toscana e nel Lazio che però è l’unica regione centrale che, in controtendenza, registra una maggiore presenza di stranieri (20.875 contro 14.871 italiani). Al Nord la tendenza si inverte. Pur contando 107.224 connazionali, per una percentuale del 42,3%, a prevalere sono gli stranieri e solo l’Emilia Romagna, con oltre 40mila lavoratori, registra un numero elevatissimo di presenza italiana.
Per quanto riguarda i lavoratori stranieri, la presenza maggiore si concentra al Nord, dove raggiungono quota 253.613, il 57,7% della forza lavoro settentrionale. I più numerosi? I rumeni che, complice la forte crisi del settore edile degli ultimi anni, sono arrivati a 114.856 unità e che con albanesi (23.889), polacchi (18.947), bulgari (12.383) e macedoni (9.766) compongono più della metà del totale dei braccianti stranieri. Seguono marocchini (25.721) e indiani (24.519), ma non mancano le soprese: tra le prime dieci nazionalità ci sono i tedeschi con 6.437 braccianti e, nella lista compaiono anche 3.586 svizzeri, 1.305 francesi, 361 americani (Usa) e 306 australiani.
Nonostante la Puglia sia la destinazione privilegiata, con 40.707 lavoratori stranieri, è nelle regioni settentrionali che si registra la concentrazione maggiore. In particolare Emilia Romagna, con 38.103 braccianti stranieri, Trentino Alto Adige (37.137) e Veneto (26.179) ne occupano più di 100mila. Seguono a distanza il Piemonte (18.903) e la Lombardia (17.552); il Friuli ne conta poco più di 5mila e la Liguria 2.726 mentre in Valle d’Aosta ce ne sono solo 652. In termini percentuali il Trentino ha la forza lavoro straniera più alta (77,7% del totale), seguito dal Piemonte con il 63%.
I dati sfatano l’immagine comune che vede il bracciante agricolo prevalentemente proveniente dai paesi africani, confermando, al contrario, la forte presenza dei paesi dell’est. I rumeni si concentrano in Puglia (19.210), Sicilia (11.962), Emilia Romagna (11.185), Calabria (10.914) e Trentino (10.851); gli albanesi si dividono tra Puglia (5.106) ed Emilia Romagna (3.856); in Trentino è forte la concentrazione di polacchi (7.271) e slovacchi (8.404) ma anche di braccianti dell’ex Repubblica Ceca (1.547) e dell’Ungheria (746), i bulgari si concentrano tra Puglia (4.351) e Calabria (3.642), mentre i macedoni preferiscono il Piemonte (3.780). Gli indiani lavorano i campi di Lazio (8.320) e Lombardia (4.166), mentre a Sud si concentrano i tedeschi, in particolare in Sicilia dove sfiorano le 2mila unità, in compagnia degli oltre 8mila tunisini. I lavoratori del Senegal sono prevalenti in Emilia Romagna (1.712) e Toscana (1.205) mentre quelli del Marocco in Emilia Romagna (4.004) e Veneto (3.872).
Per quanto riguarda le giornate lavorate in particolare sono 15.982 le dichiarazioni relative ad una sola giornata di lavoro, 50mila quelle comprese tra 1 e 3 giornate, 80.506 fino a 5 mentre 136mila non raggiungono le 10 giornate. “Anche nella parte ufficiale dei dati emerge come ci siano ancora forti zone di precariato e zone d’ombra dove si nasconde lavoro nero” spiega Giorgio Carra, segretario nazionale Uila che ha analizzato i dati. “Laddove ci sono aziende in cui è più forte la presenza di lavoratori con pochissime giornate di lavoro andrebbero concentrati i controlli. In tutta quella fascia di lavoratori al di sotto delle 30 giornate, e a maggior ragione in quelle ancora inferiori, si nascondono evidenti elementi di lavoro nero e la dichiarazione delle giornate viene utilizzata per eludere le verifiche ispettive”.