Il reato di caporalato può essere desunto anche dall’assenza di formazione dei lavoratori e dal pagamento del trasporto fino al luogo di lavoro.
È il principio sancito dalla Corte di Cassazione penale Sez. IV che, con sentenza n. 27582 depositata il 6 ottobre 2020, ha rigettato il ricorso proposto da un soggetto indagato per il reato di cui all’art. 603-bis c.p. (intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro) avverso ordinanza applicativa di misura cautelare emessa nei suoi confronti dal G.i.p. del Tribunale di Palmi e confermata dal Tribunale per il riesame di Reggio Calabria.
Nello specifico, la Corte di Cassazione ha innanzitutto premesso che il reato di cui all’art. 603-bis c.p. è caratterizzato da uno sfruttamento del lavoratore, che implica la sussistenza di una condizione di eclatante pregiudizio e di rilevante soggezione del lavoratore, resa manifesta da profili contrattuali retributivi o profili normativi del rapporto di lavoro, dalla violazione della normativa sulla sicurezza del lavoro o dalla sottoposizione a degradanti condizioni di lavoro e/o alloggio.
La Cassazione ha ritenuto che tale principio fosse stato correttamente applicato dal Tribunale del Riesame, il quale nel caso di specie aveva ravvisato lo sfruttamento dei lavoratori non solo in virtù di elementi quali la durata oraria della prestazione, la retribuzione e la degradante situazione abitativa e personale dei lavoratori, ma anche per la decurtazione obbligatoria di una parte rilevante del compenso come corrispettivo del trasporto dei lavoratori sul luogo di lavoro, nonché per l’assenza di dotazioni di sicurezza e per il mancato svolgimento di corsi di formazione dei lavoratori.