JOB ACTS
Controlli a distanza: ancora un punto a favore delle imprese
di Eleonora Tomba
Il D.lgs n. 151/2015 (attuativo del Jobs Act) ha definitivamente modificato l’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori, sui controlli a distanza. A decorrere dal 24 settembre 2015, i dati raccolti con gli strumenti di lavoro forniti al dipendente (ad. es. tablet/smartphone ecc.) possono essere utilizzati “a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro”, senza accordo con le RSU, purché al lavoratore sia data adeguata informazione delle modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli.
Il datore di lavoro ha ora facoltà di controllare l’attività dei propri dipendenti anche in mancanza di un accordo collettivo, ma deve esercitare questo potere in maniera trasparente. Rispetto alla prima versione della norma, è stata introdotta qualche garanzia ulteriore, subordinando, appunto, l’utilizzo dei dati anche a fini disciplinari, alla preventiva informazione e al rispetto delle norme sulla privacy.
Purtroppo, il nostro giudizio non cambia. Come detto quando il decreto era ancora all’esame delle Commissioni Lavoro di Camera e Senato, quella dei controlli a distanza è una materia molto delicata e le cautele non sono mai troppe.
Il “nuovo” articolo 4 elimina il divieto generale di utilizzo di impianti audiovisivi per finalità di controllo dell’attività dei lavoratori, elencando, al contrario, i casi in cui la videosorveglianza è consentita. Sono casi molto generici, alle esigenze organizzative (già previste dal vecchio testo) si aggiungono la sicurezza del lavoro e la tutela del patrimonio aziendale che in linea teorica legittimerebbero i controlli in ogni locale aziendale (benché previo accordo con le rappresentanze sindacali o autorizzazione della DTL). Ma il punto più critico consente di sorvegliare i lavoratori anche in mancanza di accordo con le OO.SS., se si tratta di “strumenti che servono per rendere la prestazione e per registrare gli accessi e le presenze”.
È vero che lo Statuto risale agli anni ’70 e che ormai dispositivi elettronici, auto aziendali ecc. sono strumenti abituali di lavoro, dati spesso in dotazione direttamente dall’azienda che può avere una esigenza di controllo sul loro reale utilizzo; è altrettanto vero, però, che di tali strumenti si fa spesso un uso promiscuo, personale e lavorativo.
Chi controllerà che l’informazione che il datore di lavoro dà ai dipendenti sull’utilizzo dei dati sia adeguata e non sommaria e ingannevole? È l’ennesima norma a beneficio delle imprese, mascherata dal necessario stare al passo con i tempi.
Ancora una volta, grazie al Governo Renzi, le aziende vincono e a perdere sono i lavoratori dipendenti.