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Integrazione è la parola d’ordine

di Maria Laurenza

1 Marzo 2018
in GIORNO PER GIORNO
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Integrazione è la parola d’ordine
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I recenti “fatti di Macerata” che hanno sconvolto il paese hanno riportato alla ribalta dei media e della politica il problema dell’immigrazione e dell’integrazione, temi di cui, purtroppo, si parla solo in termini di “emergenza”, al verificarsi di eventi delittuosi.

Dovrebbe invece essere ormai chiaro a tutti che l’immigrazione è un fenomeno strutturale e come tale va affrontato. È un tema che, da sempre, ha segnato la storia umana, la storia di donne e uomini che decidono di lasciare il proprio paese perché il futuro appare incerto. È una storia antica che si ripete ciclicamente e che ha visto, in passato, anche l’Italia protagonista, quando gli italiani partivano alla ricerca di un futuro possibile altrove. E così, da una parte ci sono migliaia di persone che lasciano i loro paesi e dall’altra ci sono quelli che li accolgono. Questo incontro di persone appartenenti a culture diverse molto spesso non è facile. Se pur comprensibili, entrano in gioco paure ancestrali, timore di vedere invasi i propri confini, minacciato un equilibrio seppur precario. Eppure la soluzione non sta nella paura ma nel dialogo, nell’interazione tra popoli e culture, che è sempre fonte di arricchimento. Ma, fino a quando l’immigrazione sarà considerata come un’emergenza e non come un dato di fatto, tutto questo non sarà possibile. In questi giorni, il tema dei migranti e della loro presenza sul territorio è strettamente legato a quello della sicurezza. Purtroppo, quello che vediamo sui media è il racconto di una sicurezza e di una giustizia “di parte”, che conosce due pesi e due misure. Si è puntata l’attenzione su quanto è successo a Macerata, presentando i fatti come conseguenza dell’omicidio di una ragazza compiuto da un africano e alimentando così la paura dello straniero, mentre minore attenzione è stata rivolta verso un altro fatto, altrettanto violento e preoccupante, avvenuto a Milano, dove una ragazza è stata uccisa da un tranviere…italiano. Se si condannano tutti gli africani sulla base di un reato compiuto da un singolo, dovremmo considerare colpevoli tutti i tranvieri per quanto è successo a Milano? Un concetto deve essere chiaro: gli spacciatori nigeriani vanno arrestati. Non perché nigeriani ma perché spacciatori, così come gli italiani che sparano agli africani vanno arrestati. Non perché italiani ma perché autori di un raid terrorista. Non si deve delinquere, non si deve uccidere. Punto.

Anche la politica, in questi giorni, sta offrendo un dibattito, non affatto costruttivo, cavalcando la paura e la chiusura nei confronti di tutto ciò che non si riconosce come uguale a noi.

I partiti, impegnati in una campagna elettorale a suon di slogan, sono concentrati esclusivamente su obiettivi di breve periodo. Sarebbe invece necessario proporre e discutere di progetti di ampio respiro, di lunga durata, che affrontino i temi immigrazione, integrazione, sicurezza e giustizia, alla ricerca di soluzioni reali, anche attraverso una gestione più coordinata delle politiche di accoglienza, per garantire una convivenza civile tra tutti coloro che in questo Paese decidono di vivere, rispettando le leggi e le persone.

Viviamo in una società multietnica ed è da qui che dobbiamo partire perché indietro non si torna. Non possiamo dimenticare che il tasso di natalità del nostro Paese è uno dei più bassi d’Europa. Oggi, riusciamo a mantenere un equilibrio solo grazie ai nuovi arrivi e ai bambini nati in Italia da genitori stranieri. I dati sono allarmanti e mostrano un Paese ormai vecchio, in cui il crollo delle nascite è inesorabile e dove il bilancio nascite-morti ci porta indietro di 100 anni! Gli stranieri, che decidono di vivere stabilmente nel nostro Paese, rappresentano energia nuova, anche perché tanti giovani italiani stanno lasciando il Paese, in cerca di migliori opportunità all’estero. Sono i dati e le cifre a smentire le bugie sull’immigrazione come fonte esclusiva di illegalità e insicurezza. In Italia risiedono 5 milioni di stranieri, per lo più giovani (78,1%). Se fossero un’azienda, i “nuovi italiani” sarebbero la 25esima più grande del mondo. Infatti, il PIL prodotto dagli stranieri in Italia nel 2015 è stato di 127 miliardi euro, ovvero l’8,8% del PIL nazionale. L’Italia è il paese europeo che più spende per le pensioni, ma oggi gli stranieri pensionati sono solo 100 mila, su un totale di 6 milioni. Dagli stranieri residenti arrivano 7 miliardi di Irpef e 11 miliardi di contributi previdenziali. Pagano di fatto 640 mila pensioni. Tutto questo per dire che i migranti sono già una realtà nel nostro Paese, vivono e lavorano insieme a noi, contribuiscono alla crescita dell’Italia.

Dovremmo prevedere flussi d’immigrati regolari più consistenti (almeno 100mila l’anno) dando la precedenza a cittadini di Paesi più “integrabili” (quelli con minor tasso di delinquenza, maggiore compatibilità culturale); investire sull’integrazione delle seconde generazioni, combattendo l’abbandono scolastico e l’esclusione sociale. E cercare competenze in aree dove abbiamo o avremo carenze: per esempio, le professioni sanitarie. Dovremmo utilizzare la rete di rappresentanze all’estero per attirare una immigrazione qualificata.

Come Uila siamo sempre stati convinti di tutto questo, occupandoci, oltretutto, di un settore dove è molto presente la manodopera straniera. A dimostrazione di ciò, i nostri progetti, le nostre attività in favore della giusta integrazione hanno caratterizzato la nostra storia di questi ultimi anni. Siamo partiti con il Congresso nazionale del 2010, dove abbiamo presentato il  nostro progetto “la parola agli immigrati”, attraverso il quale abbiamo costruito una piattaforma che conteneva le necessità, le esigenze dei lavoratori migranti presenti nel nostro settore; abbiamo dato vita al progetto Fileni “il lavoro ha mille colori” , che ci ha dato la possibilità di conoscere una realtà lavorativa molto particolare, in cui il 54% dei dipendenti è straniero, situata proprio nelle Marche, territorio di cui oggi tanto si parla. È dello scorso anno la pubblicazione del libro della Fondazione Argentina Altobelli “Partire è breve arrivare è lungo, racconti dall’altra parte del mare”, libro che abbiamo presentato in giro per l’Italia con molto successo e partecipazione. Questo e ancora molto altro è quello che abbiamo fatto fino ad oggi, consapevoli del valore aggiunto della diversità. L’impegno della Uila non si ferma qui, sicuri e certi che questa è la strada giusta su cui camminare.

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