MADE IN ITALY
Imprese-industria e sindacato insieme a difesa del Made in Italy
Successo per la tavola rotonda Uila a Vinitaly. Mantegazza: “Cambiare la legge 199”
Cercare un minimo comune denominatore tra industria e agricoltura per contrastare insieme la truffa dell’italian sounding, spingere l’export oltre i 50 miliardi entro il 2020 e combattere efficacemente il lavoro nero nei campi modificando la legge 199.
Non è fantasia, ma sono obiettivi concreti che accomunano il sistema delle imprese alimentari e il sindacato dei lavoratori e che la Uila è convinta si possano raggiungere trovando un punto in comune tra le diverse esigenze.
Temi che sono stati al centro della partecipata tavola rotonda “Mangio italiano, voglio un lavoro etico” organizzata dalla Uila al Vinitaly e con cui é iniziata la sesta conferenza di organizzazione, in corso a Verona fino a mercoledi’ 12 aprile.
Ai lavori, aperti da un saluto del presidente di Veronafiere Maurizio Danese e conclusi dal segretario generale della Uil Carmelo Barbagallo, hanno partecipato molti rappresentanti delle imprese, dei sindacati oltre alla vicepresidente della commissione anticontraffazione Colomba Mongiello, il direttore di Agea Gabriele Papa Pagliardini, il segretario generale della Coldiretti Vincenzo Gesmundo, il sindacalista Luigi Angeletti, il segretario confederale della Uil Tiziana Bocchi, il direttore generale della Confagricoltura Enzo Mastrobuono ed il direttore della Copagri Maria Cristina Solfizi.
Nutrita anche la rappresentanza del mondo industriale. Tra gli altri il direttore generale della Parmalat Giovanni Pomella insieme al direttore risorse umane del gruppo Guido Zatti, il direttore personale del gruppo italiano vini (Giv) Fabio Picciola, Ludovica Cuccato e Giuliano Allegri della direzione risorse umane del gruppo Aia-Veronesi.
Sui numerosi temi al centro del dibattito tra cui lo sfruttamento del lavoro illegale in agricoltura, la Cabina di regia contro il caporalato, i voucher, la tracciabilità, la lotta all’Italian Sounding e l’etichetta a semaforo si sono confrontati il ministro delle politiche agricole Maurizio Martina, il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo, il presidente di Federalimentare Luigi Scordamaglia e il segretario generale della Uila Stefano Mantegazza.
“Ci siamo riuniti qui oggi per ricercare il minimo comun denominatore tra le esigenze dell’industria agroalimentare nazionale, che non ha eguali al mondo, e quelle del comparto primario, che fa della tracciabilità la sua arma vincente” ha spiegato Mantegazza.
“Siamo consapevoli che nel settore agroalimentare sono presenti interessi e necessità diverse. Ma siamo anche convinti che su alcuni temi chiave, dalla valorizzazione del Made in Italy alla lotta alle frodi e al lavoro nero, siamo tutti schierati dalla stessa parte e dovremmo agire in comunione di intenti” haaggiunto. “Per questo abbiamo organizzato la tavola rotonda, coinvolgendo i presidenti di Coldiretti e Federalimentare, perché siamo convinti che qualità, tracciabilità e eticità siano tre valori indispensabili e che possano essere ricompresi tutti in un’etichetta per indurre il consumatore ad una spesa più consapevole. Va nella giusta direzione l’azione intrapresa su questo fronte dal Governo e dal ministro Martina, anche se sono condivisibili le preoccupazioni espresse da più parti, in questi giorni, e per le quali vanno trovate le giuste soluzioni”.
Sul tema dell’etichetta a semaforo si sono trovati tutti d’accordo: è un sistema che danneggia il nostro Made in Italy.
“E’un sistema assurdo che induce il consumatore in errore e va combattuto” ha detto Moncalvo trovando il consenso di Scordamaglia.
“Non si può massificare il valore della nutrizione del prodotto a prescindere dalla qualità. Con Coldiretti ci accomuna la richiesta per una maggiore distintività delle produzioni e per standard qualitativi più elevati; siamo pero’ contrari a regole parziali o nazionali” ha aggiunto il presidente di federalimentare “avere una normativa nazionale sui prodotti italiani e non sui prodotti finiti importati ha generato confusione nei consumatori e danneggiato i produttori nazionali. Si’ alla massima trasparenza in etichetta, ma non con provvedimenti nazionali”.
In linea con questa posizione anche il ministro Martina che ha affermato: “E’ interesse dell’intero sistema evitare che si affermino modelli distorsivi di questo tipo e per questo andremo avanti con la nostra “battaglia”, affinché si arrivi ad un sistema normativo comunitario sulla tracciabilità e l’etichettatura chiaro e uniforme”.
Anche Mantegazza si è espresso contro l’etichetta a semaforo valorizzando, invece, la necessità di tutelare i consumatori attraverso un’etichetta trasparente in cui siano chiaramente indicati gli elementi fondanti del prodotto, tra cui anche il lavoro etico, e cioè l’assenza dello sfruttamento nel processo produttivo. Il segretario generale della Uila ha poi sottolineato la differenza di vedute con la Cgil relativamente ai voucher. “Esiste il lavoro occasionale e accessorio e c’è quindi la necessità di regolamentarlo. E’ impensabile ritenere di poterlo eliminare, mentre invece è auspicabile un tavolo di confronto per discutere con le imprese delle soluzioni utili a gestire in trasparenza il mercato del lavoro agricolo”.
Contraria alla abrogazione dei voucher anche coldiretti secondo cui il sistema agricolo “è stato doppiamente penalizzato in quanto, se da una parte non si riscontravano nel settore indizi di abnorme e fraudolento utilizzo da dover correggere, dall’altra certamente l’intero percorso di emersione intrapreso dal 2008 ad oggi rischia, in assenza di interventi adeguati, di andare perduto”. “Diviene indispensabile, per evitare un arretramento che danneggerebbe sia imprese che lavoratori costruire ex-novo uno strumento che possa rispondere alle stesse esigenze delle imprese e dei lavoratori”, ha aggiunto Moncalvo ad avviso del quale “non possiamo permetterci il lusso di perdere neanche un posto di lavoro”. Uila e Coldiretti in diverse occasioni hanno sottolineato la necessità di rivedere la legge 199. Moncalvo, in particolare, ha chiesto di creare subito delle “linee guida per distinguere chi fa errori formali da chi sfrutta”.
Tema su cui si è soffermato il segretario generale Uila che al ministro ha rivolto alcune proposte di modifica della legge:
1) stabilire subito un discrimine tra aziende che operano in un regime di sostanziale legalita’ da quelle che operano in condizioni di sfruttamento e illegalità, definendo la casistica dei diversi livelli di gravita’ degli indici di sfruttamento previsti dalla legge;
2) ridefinire la Cabina di regia con una presidenza politica affidata al ministro per le politiche agricole, con la partecipazione del solo sistema di imprese e sindacato e convenzionata con l’Inps per l’uso delle banche dati; affidare la gestione della rete sul territorio ai prefetti e alle parti sociali, con convenzioni con i comuni per i trasporti dei lavoratori e con gli enti bilaterali per la gestione operativa;
3) introduzione di un marchio etico e di una premialita’, sotto forma di sgravi contributivi, per le aziende che assumono manodopera attraverso la rete.
“Siamo tra i più convinti e tenaci sostenitori di questa legge e ci siamo battuti con tutte le nostre forze per averla. La consideriamo però un punto di partenza e non di arrivo e crediamo sia già necessario introdurre alcuni importanti correttivi, sia sul versante repressivo che su quello propositivo della legge” ha spiegato Mantegazza. “Diciamo No al reato anche per una lieve omissione di tipo amministrativo solo perché reiterata. Sul fronte della rete del lavoro agricolo, che rappresenta l’unica alternativa valida al caporalato, dobbiamo purtroppo constatare che la cabina di regia è nata morta: l’Inps che la presiede l’ha chiusa in una stanza, buttando via le chiavi; il legislatore l’ha appesantita di tali e tanti grovigli burocratici da renderla del tutto inefficace”.
“Mantegazza ha ragione quando dice che la cabina di regia contro il caporalato non funziona” ha ribattuto Martina ma “non credo che il Mipaaf debba avere altre parti nella commedia. Il salto di qualità va fatto non redistribuendo le responsabilità, ma aumentando quelle di tutte le parti in causa”.
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