In Italia ci sono 2,4 milioni immigrati che lavorano regolarmente (su un totale di 5 milioni presenti) e che nel 2016 hanno prodotto una ricchezza di oltre 130 miliardi di euro (pari all’8,9% del Pil e più del Pil prodotto in paesi come Ungheria, Croazia o Slovenia); hanno pagato 7,2 miliardi di Irpef (sono oltre 570 mila imprese create da cittadini stranieri) e versato 11,5 miliardi € di contributi previdenziali.
Sono i dati che emergono dal settimo Rapporto sull’economia dell’immigrazione realizzato dalla Fondazione Moressa e presentato nei giorni scorsi presso il Ministero degli Affari Esteri.
Quasi la metà del contributo al Pil proviene dal settore dei servizi (che impiega anche la metà dei lavoratori stranieri), mentre 26 miliardi sono generati dal manifatturiero (che dà lavoro al 17,5% delle persone), seguono costruzioni 12,2 mld, commercio 11,6 e alberghi e ristoranti 10, tre settori che assorbono ciascuno il 10% dei lavoratori stranieri. Fanalino di coda l’agricoltura, con 5,5 mld di contributo al Pil.
Secondo il rapporto, il totale degli immigrati che lavorano in Italia rappresenta il 10,5% di tutti gli occupati (era il 7,9% nel 2009). Oltre il 30% di loro svolge un lavoro manuale non qualificato. Tra le comunità più numerose, quelle rumena, con oltre 662mila presenze, albanese (256mila), marocchina (211mila) e cinese (191mila).
Oltre il 20% degli immigrati regolari che lavorano in Italia, si trova in Lombardia, regione che genera oltre un quarto della ricchezza totale prodotta da cittadini stranieri in Italia (35,4 miliardi €). Al secondo posto l’Emilia Romagna, dove il rapporto tra ricchezza prodotta e numero di cittadini stranieri regolari raggiunge è massimo rispetto alle altre regioni italiane. Al contrario in Sicilia, Basilicata, Puglia e Sardegna, questo rapporto non raggiunge il 4%.
Il Rapporto presenta anche delle stime sull’apporto economico del lavoro irregolare, svolto da 643mila lavoratori (pari al 24% degli occupati immigrati). È al Sud dove è più forte l’incidenza degli irregolari. Maglia nera al settore dell’agricoltura, dove si supera la quota del 41%. La Fondazione stima in 14,9 miliardi il valore aggiunto prodotto dagli immigrati non in regola. Oltre a essere un elemento distorsivo della concorrenza tra le imprese, il fenomeno causa un mancato gettito pari a 6,5 miliardi di euro.