Il 20 ottobre è morto Giampiero Sambucini, uno di noi. E il solo ricordarlo e scriverne mi commuove.
Giampiero è stato, insieme a Pasquale, il compagno, l’amico, il fratello che nel 1994 ci prese tutti per mano, noi quarantenni di belle speranze, indicandoci la strada da percorrere per trasformare un’organizzazione, il cui orizzonte era limitato al solo settore agricolo, in un sindacato in grado di svolgere un ruolo propositivo anche nell’industria alimentare.
Era arrivato alla Segreteria Nazionale della UILA, ricco di tante esperienze di vita e di lavoro.
Giovane universitario, si era formato nei giorni del maggio francese, fra manganellate e lacrimogeni prima di convertirsi a un socialismo più riformista.
Dopo una lunga militanza venne eletto alla Segreteria Confederale della UIL; ha lavorato, fianco a fianco, con Giorgio Benvenuto negli anni drammatici del terrorismo, partecipando da protagonista alla definizione degli accordi più importanti di quel travagliato periodo storico.
Aveva lasciato la UIL, attratto dall’incarico che gli era stato offerto di responsabile del Centro studi della Confcommercio, quando i nostri destini sono tornati a incrociarsi. Fu Pierluigi Bertinelli a organizzare il nostro incontro, proprio alla vigilia della mia elezione a Segretario Generale della UILA; bastò guardarci negli occhi per capire che eravamo destinati a percorrere insieme un lungo tratto di strada.
Nella UILA, infatti, Giampiero avrebbe trovato l’humus giusto per sviluppare la propria progettualità e far crescere le sue idee per un sindacato laico e riformista, protagonista nella tutela dei lavoratori; mise, quindi, al servizio della UILA, le sue capacità ed ha regalato vent’anni e più di amicizia sincera a tutti noi della struttura nazionale e a tanti delegati, quadri, e dirigenti territoriali che, alla notizia della sua scomparsa, hanno inviato le loro testimonianze di affetto.
Quando penso a Giampiero sindacalista, mi viene in mente la sua conoscenza enciclopedica, la capacità di lavoro straordinaria, la fantasia che gli consentiva di formulare, a getto continuo, quelle proposte che hanno contribuito a fare della UILA la straordinaria organizzazione che è diventata nel corso degli anni.
Lo associo alle soluzioni negoziali più avanzate, alla tranquillità che mostrava anche nelle trattative più complesse.
Se penso all’uomo, so di aver perso un amico…
Giampiero aveva scelto di trascorrere questi ultimi anni in Russia insieme alla sua Irina. Non svelo un segreto dicendo che ho cercato in tutti i modi di trattenerlo in Italia, per impegnarlo con la UILA ancora di più di quanto ha comunque continuato a fare attraverso internet. Ma anche per continuare ad approfittare della sua amicizia.
Per circa vent’anni abbiamo elaborato insieme tesi congressuali, relazioni, documenti, articoli di giornale, in una simbiosi totale in cui ciascuno aggiungeva, toglieva, cambiava quello che l’altro scriveva. Quante riflessioni condivise! Quante ore passate insieme nella convinzione che quel documento, quell’articolo fossero l’impegno più importante da assolvere in quel momento! Ma anche quante chiacchiere, quante risate!
Perché Giampiero su ogni tema aveva pronta la proposta più interessante ma anche la battuta più dissacrante.
Un umorismo che non lo ha mai abbandonato e che ha regalato, a tutti quanti noi e a me in particolare, tanti momenti indimenticabili di allegria e divertimento.
Le ultime settimane sono state le più difficili e dolorose della sua vita ma l’uomo non ha mai, neanche per un minuto, cambiato il suo atteggiamento.
Giampiero è sempre stato più forte della sua malattia, consapevole dell’inevitabile al punto di parlarne come se stesse per capitare a qualcun altro.
E così chi telefonava per rincuorarlo, è stato rincuorato. Chi telefonava pensando di doverlo sostenere in quel passaggio difficile della sua vita, era consolato, quando tradito dall’emozione, scoppiava a piangere.
Nelle nostre chiacchiere un “aldilà” non era previsto. Ove ci fosse, sarà lì che prima o poi ci ritroveremo insieme per ridere, scherzare, raccontarci… con l’auspicio che il “rosso” sia buono!
Ora ho finito le parole… anche perché non c’è più Giampiero a scrivere a fianco a me!!
Voglio però chiudere questo suo ricordo con una poesia. Se non l’avesse scritta Henry Scott Holland, l’avrebbe potuta comporre Giampiero. Il poeta l’ha pensata, immagino, per la sua compagna, ma conoscendo Giampiero, se l’avesse scritta lui, l’avrebbe dedicata volentieri a tutti noi.
“La morte non è niente”
La morte non è niente.
Sono solamente passato dall’altra parte:
è come fossi nascosto nella stanza accanto.
Io sono sempre io e tu sei sempre tu.
Quello che eravamo prima l’uno per l’altro
lo siamo ancora.
Chiamami con il nome che mi hai sempre dato,
che ti è familiare; parlami nello stesso modo
affettuoso che hai sempre usato.
Non cambiare tono di voce,
non assumere un’aria solenne o triste.
Continua a ridere di quello che ci faceva ridere,
di quelle piccole cose che tanto ci piacevano
quando eravamo insieme.
Prega, sorridi, pensami!
Il mio nome sia sempre la parola familiare
di prima: pronuncialo senza la minima
traccia d’ombra o di tristezza.
La nostra vita conserva tutto il significato
che ha sempre avuto: è la stessa di prima,
c’è una continuità che non si spezza.
Perché dovrei essere fuori dai tuoi pensieri
e dalla tua mente, solo perché sono fuori dalla tua vista?
Non sono lontano, sono dall’altra parte,
proprio dietro l’angolo.
Rassicurati, va tutto bene.
Ritroverai il mio cuore,
ne ritroverai la tenerezza purificata.
Asciuga le tue lacrime e non piangere,
se mi ami: il tuo sorriso è la mia pace.