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Il nuovo contratto collettivo nazionale, un’occasione per rilanciare la competitività delle imprese e la ripresa economica

21 Aprile 2015
in L'EDITORIALE
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L’EDITORIALE
Il nuovo contratto collettivo nazionale, un’occasione per rilanciare la competitività delle imprese e la ripresa economicadi Stefano Mantegazza

Pronti, ai posti, via! FAI, FLAI e UILA hanno dato avvio alle grandi manovre (assemblee e consultazioni dei lavoratori) che porteranno, a fine maggio, a consegnare a Federalimentare e alle Centrali cooperative le piattaforme per il rinnovo dei contratti di lavoro di circa 450.000 addetti in scadenza a novembre 2015. In questi anni di crisi FAI, FLAI e UILA hanno sempre rinnovato con puntualità i contratti nazionali e hanno realizzato una contrattazione di secondo livello con premi di risultato in forte crescita, in tutte le aziende più importanti. In particolare il sistema di relazioni industriali in essere con Federalimentare è stato ed è il grande valore aggiunto di questo settore, quello che ci ha consentito anche nei momenti più difficili di ritrovare sempre, sindacati e imprese, una visione condivisa di come far evolvere, attraverso i negoziati, le migliori soluzioni per imprese e lavoratori. L’augurio è, che, anche con questo rinnovo, si confermi questa tradizione.

L’approvazione delle piattaforme da parte degli attivi unitari è di grande importanza, soprattutto in questo particolare momento storico. In esse sono, infatti, contenute, molte novità sia in tema di welfare e conciliazione dei tempi di vita e lavoro, ma soprattutto i sindacati scommettono sulla competitività delle imprese e sulla loro capacità di creare nuovi posti di lavoro chiedendo un incremento salariale mensile di 150 euro al parametro medio. E’ una proposta di non poco conto e trova ragione di essere nel fatto che anche noi, come fanno il Governo con il DEF, la Banca d’Italia e il Centro studi di Confindustria con le loro previsioni, scommettiamo sulla ripresa del Paese e della sua crescita. Le condizioni economiche del Paese sono mutate. Il sindacato non deve più preoccuparsi di difendere il potere d’acquisto delle retribuzioni ma contribuire alla espansione della domanda interna e a contrastare le pressioni deflattive.

La struttura del sistema contrattuale sarà, comunque, confermata. Il contratto nazionale, infatti, deve continuare ad essere il centro regolatore anche salariale del sistema. Sono 58.000 le imprese che lo applicano a cui si aggiungono migliaia di cooperative e questo dato è sufficiente per spiegarne l’importanza. Tuttavia il nostro modello contrattuale deve proseguire una evoluzione iniziata già da tempo.

Il CCNL deve essere più inclusivo e rivolgersi anche ai tanti lavoratori che con altri contratti lavorano nelle aziende alimentari e deve affidare competenze sempre più certe al secondo livello di contrattazione. In materia di orari, organizzazione del lavoro, flessibilità di prestazione, il contratto nazionale deve fornire i giusti rinvii affinché in ogni azienda, in ogni gruppo siano individuate soluzioni su misura. In questa direzione va anche la nostra proposta di un sistema permanente di formazione congiunte a favore delle RSU per la migliore conoscenza del contesto economico produttivo del settore alimentare. Fra le proposte fondamentali, inoltre, c’è quella di estendere la durata del contratto nazionale a quattro anni e non più a tre con l’obiettivo di rafforzare una contrattazione di secondo livello di straordinaria importanza, alla quale vogliamo consentire di espletare tutti i suoi effetti.

La piattaforma prevede specifiche richieste per riordinare la normativa contrattuale dei congedi parentali alla luce anche della nuova legislazione, mentre in tema di welfare poiché siamo convinti che sindacati e imprese, attraverso i contratti, debbano trovare soluzioni concrete a problemi reali, riteniamo che sostenere chi perde il lavoro a due o tre anni dalla pensione sia una necessità che diventa di giorno in giorno più urgente. Avanzeremo dunque alle imprese la richiesta di costituire insieme un sistema mutualistico che possa garantire ai lavoratori prossimi alla pensione, in caso di licenziamento, un adeguato sostegno al reddito. Abbiamo, inoltre, commissionato degli studi attuariali; quando sarà il momento spiegheremo che con la bilateralità e il welfare contrattuale è possibile costruire un ponte dal lavoro verso la pensione.

Infine, sul Jobs Act le nostre proposte saranno, come sempre, improntate al buon senso. Nel Jobs Act ci sono buone soluzioni e scelte che tra qualche anno si chiederà di cestinare come quelle della legge Fornero. Sui licenziamenti collettivi come sui demansionamenti, crediamo che sia possibile mitigare alcune intemperanze frutto di uno scontro politico che con la realtà aziendale, hanno poco a che vedere.

 

 

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