GIORNO PER GIORNO
Prelievo fiscale e crescita, un rapporto inversamente proporzionale
L’OCSE ha misurato e confrontato il variare tra il 1965 e fine 2013 dell’incidenza del prelievo fiscale sul PIL delle principali economie del pianeta, incidenza passata nei maggiori Paesi europei dal 31,6 al 36,7% in Germania, dal 29,3 al 32,9% nel Regno Unito, dal 33,6 ad un rotondo 45% in Francia e da un modesto 24,7 ad un ragguardevole 42,6% in Italia.
Nello stesso frattempo, la pressione del Fisco sulla ricchezza prodotta negli Stati Uniti è cresciuta dal 23,5 soltanto al 25,4%, appena due punti scarsi di PIL.
A tirare qualche semplice somma, è chiaro che in Francia si pagavano nel 1965 ed ancora si pagano le imposte più alte d’Europa – eccezione ovviamente fatta per le “democrazie fiscali” dei Paesi scandinavi – che gli inglesi pagavano e pagano quelle più basse, che la Germania si colloca saldamente a metà graduatoria e che l’Italia vanta, tra i più importanti Stati Membri dell’Unione , il poco invidiabile primato del maggior aumento delle tasse dell’ultimo mezzo secolo.
Così come è chiaro che il Fisco americano prelevava nel 1965 e tuttora preleva dal reddito nazionale degli USA da circa 10 a quasi 20 punti di PIL meno di quanto ne prelevino le principali economie europee.
Vien da pensare che non sia soltanto per caso che gli Stati Uniti da cinquant’anni a questa parte crescano più dell’Europa e che, tra i grandi Paesi europei, l’Italia stenti più degli altri a crescere.