Non è demansionamento se, in caso di ristrutturazione aziendale, il datore di lavoro ricolloca il lavoratore in attività equivalenti presso altri siti produttivi.
Lo stabilisce l’ordinanza n. 17634 del 1° luglio 2019 della Corte di Cassazione.
A tal proposito, qualora il lavoratore rifiuti l’assegnazione ad altre mansioni, al medesimo livello di inquadramento, il datore non viola i principi dettati dallo ius variandi (articolo 2103 del codice civile, modificato dal Jobs Act D.lgs. n. 81 del 2015) che consente la possibilità in caso di modifica degli assetti organizzativi aziendali, di assegnare al lavoratore mansioni anche appartenenti ad un livello di inquadramento inferiore, purché rientranti nella medesima categoria legale.
Nel caso di specie, a seguito di una riorganizzazione, una lavoratrice lamentava di essere stata demansionata dopo che, avendo rifiutato di svolgere, presso altre sedi dell’azienda, incarichi analoghi a quelli eseguiti fino a quel momento, si era vista assegnare mansioni inferiori.
La Cassazione, confermando la sentenza della Corte di Appello, ha escluso l’inadempimento da parte del datore di lavoro in quanto l’azienda, con lo scopo di salvaguardare la professionalità della lavoratrice, aveva proceduto a ricercare due posizioni equivalenti da lei non accettate e, per tali motivi, le erano sono state assegnate mansioni in parte non corrispondenti a quelle svolte precedentemente.