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Riflessioni di un Don Chisciotte dopo un rinnovo esaltante

8 Febbraio 2016
in L'EDITORIALE
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L’EDITORIALE
Riflessioni di un Don Chisciotte dopo un rinnovo esaltante
di Stefano Mantegazza

Un giornalista mi ha chiesto quale è stato il momento più esaltante del negoziato. Ho risposto senza esitazioni: il forte e prolungato applauso dei delegati presenti alle trattative, che hanno salutato la firma dell’accordo. E poi la gioia dipinta sui loro volti, gli abbracci, i ringraziamenti…Al di là dell’emozione del momento, quell’applauso sottolinea tanti valori importanti che è bene non dimenticare il giorno dopo.


Unità sindacale e consenso dei lavoratori

In una trattativa cominciata un anno fa, il filo rosso che ha sempre legato le nostre strutture sindacali con le RSU e i lavoratori non si è mai spezzato e, anzi, si è rafforzato. Il punto di equilibrio con il sistema delle imprese si è trovato quando la controparte ha capito, dopo il blocco di straordinari e flessibilità e il primo sciopero, che “quelli che negoziavano” avevano il pieno consenso di “quelli che stavano in fabbrica”.

Il patto sottoscritto tra Fai-Flai-Uila al momento dell’approvazione della piattaforma è stato ribadito ogni giorno di questo difficile negoziato. Il consenso e la fiducia delle lavoratrici e dei lavoratori verso il sindacato è un valore grande che dovremo continuare a custodire.


La durata quadriennale

Il consenso e la fiducia erano legati a obiettivi negoziali molto ambiziosi. Avevamo deciso per un contratto che durasse quattro anni con la contrattazione di secondo livello da svolgere nel mezzo perché pensavamo e pensiamo che tutte le chiacchiere scritte e raccontate sulla necessità di un solo livello negoziale, per di più aziendale, andassero respinte al mittente. Chi teorizza queste scelte o non conosce la realtà o è in malafede e punta esclusivamente a ridurre il reddito dei lavoratori.


Rafforzato il doppio livello negoziale

Nel nostro comparto, sono oltre 50.000 le aziende che applicano a 400.000 lavoratori il contratto dell’industria alimentare e appena 3.000 (anche se le più importanti) quelle che negoziano a livello aziendale un contratto integrativo. Chi sostiene la tesi di un solo livello negoziale, e per giunta aziendale, vuole che questo paese diventi più povero e più disuguale di quanto non lo sia già. Noi siamo andati nella direzione opposta. Con questo rinnovo abbiamo rafforzato entrambi i livelli negoziali e in particolare quello nazionale, sempre più autorità salariale.

Un aumento salariale reale…

E a proposito di salario ci siamo posti, dodici mesi fa, come ha fatto la UIL, il problema che oggi è più evidente di ieri. In un’Europa che percola vicina alla deflazione (con l’Italia parte più in difficoltà) e dove l’inflazione è prossima allo “zero” e forse lì resterà per anni, ha ancora senso per il sindacato chiedere di tutelare i salari dall’inflazione?

Abbiamo deciso di no. Lo abbiamo deciso unitariamente senza se e senza ma, consapevoli del valore della sfida. Mi permetto di insistere: con lo scenario inflazione “zero”, Pil Italiano in crescita, aziende che tornano in utile, il mestiere del sindacalista è di mettere soldi freschi in tasca ai lavoratori, per ridurre le disuguaglianze eper far ripartire i consumi interni.

I lavoratori hanno condiviso i nostri obiettivi, ci hanno dato forza e fiducia, uscendo in massa dalle aziende quando glielo abbiamo chiesto per chiarire senza equivoci il loro sostegno.


…a partire già dal 2016

Anche i settori che formano il variegato mondo di Federalimentare si sono alla fine convinti che le nostre tesi erano ragionevoli e abbiamo realizzato un risultato straordinario che mancava da almeno due rinnovi: tutte le associazioni aderenti a Federalimentare hanno firmato l’intesa. Un segnale chiaro a chi, fino alla fine, ha tentato, senza riuscirci, di stopparla. Pertanto i 105 euro, di cui 35 già nel 2016o, non si limitano a difendere il potere d’acquisto delle retribuzioni, ma lo aumentano, come è giusto che sia in un paese in ripresa.

Avremmo voluto che i soldi fossero di più ma le condizioni dell’Italia sono peggiori di quelle che immaginavano quando abbiamo avanzato le nostre proposte e abbiamo dovuto, a malincuore, prenderne atto.


Un nuovo ponte verso la pensione

Abbiamo lasciato aperta la partita della integrazione alla NASPI per chi viene licenziato a due anni dalla maturazione della pensione.

Vorremmo riprendere subito, come concordato con le controparti, le riflessioni interrotte.

Il sistema della bilateralità alimentare ha le risorse per impegnarsi in quest’altra esaltante sfida; possiamo costruire un ponte verso la pensione che non la taglieggi all’infinito come è nelle pretese di chi, da parte del governo, parla di flessibilità in uscita con tagli permanenti ad assegni già miseri.

Il sindacato unito può vincere

Pensierino conclusivo. Questo rinnovo verrà presto derubricato da parte di chi tira le fila per un’Italia più disuguale e più povera, come un incidente di percorso di cui dimenticarsi in fretta. Non siamo contenti, ma dobbiamo metterlo in conto.

L’Italia che ama il lavoro nero, anche se a parole lo condanna, quella che ha comprato 100 milioni di voucher per sostituire (nel migliore dei casi) buone retribuzioni con una mancia, quella che spera nel salario minimo per legge per tagliare anche in questo modo retribuzioni, tutele e diritti, ha tanto più potere di noi e troverà il modo di affermarlo.
A noi rimane però una grande consapevolezza: quella di aver vinto una bella sfida, di aver dimostrato che un sindacato unito è in grado di far sentire le proprie ragioni, che si può andare controcorrente e fare lo stesso risultato.

Anche Don Chisciotte, che vive sempre al limite tra visione e illusione, ogni tanto ha le sue soddisfazioni.

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