L’INTERVISTA
Relazioni sindacali, un accordo molto importante
di Fabrizio De Pascale
In una piovosa domenica di marzo, dopo essermi recato, da bravo cittadino, al seggio per votare, che si fa? Si torna a casa, tranquilli, in attesa degli exit-pool. E invece no! Implacabile, squilla il telefono: “dai, Fabrizio, passa da me che facciamo il punto della situazione”. “Scusa, Stefano” rispondo fiducioso “ma non è meglio aspettare domani per fare il punto, dopo che si sapranno i risultati?”. “No, non è delle elezioni che voglio parlare”. “Ok (si fa per dire…), ci vediamo tra poco…”
Allora, su cosa dobbiamo fare il punto?
I fuochi pirotecnici degli ultimi giorni di campagna elettorale hanno oscurato l’importanza del nuovo “Accordo sulle relazioni sindacali e sulla struttura della contrattazione”, sottoscritto da Cgil, Cisl e Uil con Confindustria. È un accordo di straordinaria importanza, che è opportuno approfondire e valorizzare.
Eccomi pronto con penna e calamaio. Anche se sarei felice se un giorno tu cominciassi a utilizzare qualche tecnologia più avanzata, che so un registratore o addirittura un computer…
Per carità! Viva la penna e un bel foglio di carta bianca.
Ok, cominciamo. Quali sono i punti più importanti e innovativi di questo accordo rispetto all’attuale sistema di relazioni?
Parti con il piede sbagliato o meglio con la domanda sbagliata. Questo accordo non innova ma cambia totalmente il vecchio sistema di regole, rigide e in larga parte inapplicate, fino ad oggi in vigore…
Addirittura? Spiegati meglio
La lista dei cambiamenti è lunga e sono tutti cambiamenti importanti.
Cominciamo dal primo…
Vengono finalmente fissate, e sul serio, le regole del gioco per misurare la rappresentanza, non solo dei sindacati ma anche delle associazioni di imprese aderenti a Confindustria. Una scelta coraggiosa che servirà a disboscare la giungla dei tanti contratti stipulati da sigle prive di rappresentanza e che contribuirà a eliminare sotto-salario e condizioni normative, spesso da sfruttamento, che penalizzano le persone e fanno concorrenza alle aziende oneste.
Interessante! E poi?
Si è scelto un modello contrattuale “aperto”, come ha sempre chiesto la UIL, che tenga conto della storia negoziale e anche, perché no, degli usi e costumi propri di ogni settore produttivo. Sono stati confermati gli attuali due livelli contrattuali (nazionale e aziendale/territoriale) e sarà valorizzato il ruolo sia del contratto nazionale che della contrattazione decentrata. Il primo come centro regolatore dei rapporti di lavoro e garante dei trattamenti economici e normativi comuni a tutti i lavoratori del settore, sull’intero territorio nazionale; la seconda, come momento in cui si realizza l’incontro tra salario e produttività.
Cambierà la struttura del salario?
Verrà individuato un trattamento economico complessivo (Tec), costituito dal trattamento economico minimo (Tem) individuato dai minimi tabellari e da tutte quelle voci (scatti di anzianità, Edr, elemento perequativo, welfare sanitario o previdenziale) che il CCNL considererà comuni a tutti i lavoratori del settore. Il contratto nazionale, oltre a indicare i minimi tabellari, potrà ricomprendere altre voci e, tra queste, il welfare. La tutela dei salari dagli incrementi dell’inflazione avverrà, secondo le regole dei singoli CCNL, in base agli scostamenti registrati dall’Ipca.
Spiegato in parole più semplici significa che?
Significa valorizzare il contratto nazionale che qualcuno voleva cancellare; significa che gli alimentaristi continueranno a utilizzare il valore-punto per definire gli aumenti economici e, quindi, manterranno una condizione più favorevole rispetto ad altri settori; significa anche che le retribuzioni nazionali potranno crescere più dell’inflazione.
È un passo avanti fondamentale che consentirà una crescita del potere d’acquisto nel tempo, la ripresa dei consumi e una riduzione delle disuguaglianze.
E come si è arrivati a questa soluzione?
Posso dire con grande orgoglio che si tratta di una scelta proposta dalla Uil già nel 2015, divenuta poi patrimonio unitario e condivisa oggi anche dal sistema delle imprese industriali.
Immagino si parli anche di produttività nell’Accordo?
Sì. viene rafforzato il principio per cui le intese del secondo livello contrattuale dovranno riconoscere trattamenti economici strettamente legati a reali e concordati obiettivi di crescita della produttività aziendale, di qualità, efficienza, redditività e di innovazione.
Politica e governi futuri, entrano anch’essi in questo accordo?
Assolutamente Si. L’Accordo non si limita a ridefinire le regole del gioco delle parti sociali ma indica alla politica la strada da seguire su temi fondamentali, quali il welfare, la formazione, la sicurezza, il mercato del lavoro e la partecipazione.
E qual è la strada che dovrebbe seguire la politica?
Quella giusta che noi indichiamo nell’Accordo… In materia di welfare la scelta di puntare su previdenza complementare e assistenza sanitaria integrativa, sulla tutela della non autosufficienza, sulla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. Perché così Sindacato e imprese potranno garantire più protezione ai soggetti più deboli.
In tema di formazione occorre superare l’assurdo paradosso che vive il nostro paese con un tasso di disoccupazione intorno all’11% e imprese che non riescono a trovare i lavoratori che vorrebbero. Fondamentale, quindi, la richiesta alle Istituzioni che l’alternanza scuola-lavoro sia premessa obbligatoria di ogni percorso formativo per i futuri lavoratori. E poi anche in tema di sicurezza, mercato del lavoro e partecipazione indichiamo la direzione giusta da seguire…
Si, ma questa è una intervista, restiamo all’essenziale e avviamoci alle conclusioni
Ok, chiudo. Sul Sole24 Ore, Alberto Orioli ha definito l’Accordo come “la rivincita delle parti sociali sulle parole della politica”. Sono totalmente d’accordo. È clamoroso il contrasto tra le promesse fatte in questa campagna elettorale e le scelte concrete, subito realizzabili e immediatamente utili per il paese, avanzate da CGIL, CISL, UIL e Confindustria.
L’Accordo innalza il sistema delle relazioni industriali e della contrattazione collettiva a vero e proprio centro regolatore dei diritti e delle tutele delle persone che lavorano, confermando che lo sviluppo sociale ed economico del paese non dipenderà dalle promesse elettorali ma da quanto imprese e sindacato sapranno creare in termini di occupazione e di maggiore produzione.
Infine l’Accordo fa giustizia di quanti fanno filosofia sul salario minimo per legge: su questo tema le parti dimostrano, con questo accordo, di sapersi auto-regolamentare di più e meglio di quanto pretenderebbe di fare la politica.
Ma ce l’hai sempre con la politica?
No ma un sassolino dalla scarpa vorrei togliermelo…
E toglitelo!
Con questo accordo facciamo un bel “marameo” a chi ha predicato il superamento dei corpi intermedi, a chi pensava al dialogo diretto con i lavoratori e le imprese. Il sindacato c’è e ci sarà sempre!!