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Relazione Corte dei Conti: “Troppe risorse per l’emergenza”

25 Marzo 2015
in AMBIENTE E TERRITORIO
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DISSESTO IDROGEOLOGICO
Relazione Corte dei Conti: “Troppe risorse per l’emergenza”
De Gasperis (Filbi): “Invertire rapporto spese prevenzione-emergenza”

Negli ultimi 5 anni stanziati quasi 1.500 milioni di euro per l’emergenza a fronte di 2.000 milioni di euro, destinati nell’ultima programmazione 2010-2011, agli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico e, peraltro, promiscuamente destinati anche a fronteggiare situazioni emergenziali. Ancora troppe risorse per fronteggiare l’emergenza e poche per una effettiva opera di prevenzione e tutela del territorio. E’ quanto emerge dalla relazione della Corte dei Conti, diffusa oggi, sui “piani strategici nazionali e programmi di interventi urgenti per la riduzione del rischio idrogeologico del ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare”. “Non possiamo non essere d’accordo con le considerazioni della Corte dei Conti. Sono anni ormai che come sindacato sottolineiamo la necessità di aumentare le risorse per la prevenzione del dissesto idrogeologico valorizzando le principali strutture a tutela del territorio rappresentate dai consorzi di bonifica” ha commentato Gabriele De Gasperis, segretario generale Filbi auspicando che “il nuovo corso determinato dalla Struttura di missione contro il dissesto idrogeologico e per lo sviluppo delle infrastrutture idriche, presieduta da Erasmo D’Angelis, sappia invertire il rapporto tra le risorse destinate alla prevenzione e quelle effettivamente spese per far fronte alle emergenze, dando massima priorità alle prime”.

La relazione riferisce sulla gestione degli interventi per la riduzione del rischio idrogeologico posti in essere a partire dal 2010, in attuazione di accordi di programma sottoscritti dal ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare (Mattm) con i soggetti attuatori, nonché sullo stato di avanzamento di plurimi programmi attivati, agli stessi fini, nel decennio 1998-2008 – oggetto di precedenti relazioni della corte – in parte ancora in corso di attuazione.

Diversi i profili di criticità riscontrati.

Fra questi, la dilatazione dei tempi di attuazione degli interventi sia per la programmazione attivata nel decennio 1998-2008 sia per gli Accordi di programma sottoscritti a partire dal 2010. In particolare, per questi ultimi, su un totale di 1621 interventi, una parte significativa (207) risulta tuttora “da avviare o dati non comunicati” mentre risultano conclusi soltanto 317 interventi, per 200 milioni di euro rispetto a un finanziamento complessivo pari a circa 2,1 miliardi di euro (dati aggiornati al 3 marzo 2015).
In evidenza anche il problema rappresentato dal coinvolgimento, a livello operativo e decisionale, di più soggetti pubblici spesso tra loro non dialoganti e/o in contrapposizione (gestioni commissariali, uffici regionali, amministrazioni centrali) nonché un quadro continuamente mutevole di risorse finanziarie disponibili ed una programmazione frammentata in una molteplicità di interventi che, in parte sono conseguenziali a situazioni emergenziali, ed in parte lasciano supporre la preferenza per criteri di scelta basati prevalentemente sulla concertazione tra i diversi soggetti istituzionali coinvolti (regioni, enti locali e Stato) piuttosto che sugli esiti delle analisi del sistema di telerilevamento.

In sintesi, le raccomandazioni della Corte sono:

1. superamento di una politica centrata sull’emergenza che postula comunque e necessariamente una programmazione delle risorse destinate anche e soprattutto ad interventi strutturali che abbandonino la logica della frammentazione e della parcellizzazione delle risorse;

2. ridefinizione di una governance degli interventi, maggiormente semplificata e trasparente, rispetto alla quale la soluzione adottata di individuare nei Presidenti delle Regioni i Commissari di Governo per l’attuazione degli interventi rappresenta una prima misura idonea tra l’altro a superare situazioni di conflittualità talvolta insorte tra strutture commissariali e apparati regionali;

3. riorganizzazione del sistema di controllo e monitoraggio degli interventi, che tenda a superare la frammentazione dell’attuale sistema di rilevamento dei dati, distribuito tra più banche dati, in parte tra loro sovrapposte e non dialoganti, e sia invece idoneo a garantire un flusso costante, tempestivo ed attendibile dei dati;

4. prosecuzione nell’azione di impulso alla funzione di indirizzo e coordinamento del Presidente del Consiglio dei Ministri nella materia del dissesto idrogeologico, rispetto alla quale va richiamata la recente istituzione di apposita Struttura di missione presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri;

5. valutazione – in una logica comunque di compatibilità con il rispetto degli obiettivi di finanza pubblica di breve e medio periodo – dell’opportunità di escludere dai vincoli del patto di stabilità interno le spese sostenute dagli enti territoriali per interventi di messa in sicurezza, manutenzione e consolidamento di territori esposti a eventi calamitosi, nonché per interventi strutturali finalizzati ad agevolare la riduzione del rischio sismico, idraulico e idrogeologico.

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