Il primo dicembre un migliaio di persone in piazza con i lavoratori a Novi Ligure
Sarà una battaglia complessa e dall’esito incerto quella con la proprietà turca della Pernigotti. Venerdì, l’incontro a Roma, presso il ministero del Lavoro, durato più di cinque ore, tra i rappresentanti dei lavoratori della Pernigotti e la proprietà turca dell’azienda, si è chiuso con un niente di fatto.
E’ stata confermata la sospensione dell’inizio della cassa integrazione, già prevista per il 3 Dicembre, concedendo più tempo per cercare soluzioni industriali alternative alla chiusura dello stabilimento di Novi Ligure. Ma la società resta intenzionata a chiudere e delocalizzare la produzione in Italia, mantenendo però la proprietà del marchio.
Ogni decisione è rimandata al prossimo incontro, fissato sempre a Roma per l’8 di gennaio quando le parti torneranno riprenderanno l’esame congiunto finalizzato alla stipula dell’accordo governativo per il ricorso alla cassa integrazione.
“Usciamo da quest’incontro da un lato soddisfatti, perché abbiamo più tempo per trovare soluzioni alternative alla chiusura dello stabilimento di Novi Ligure. Ma dall’altro delusi perché speravamo che, dopo l’incontro con il Governo, l’azienda recedesse dall’intenzione di non cedere il marchio” ha affermato Pietro Pellegrini, segretario nazionale Uila Uil che spiega: “è stata confermata la sospensione dell’inizio della cassa integrazione, già prevista per il 3 dicembre, e che sarà invece successiva all’incontro fissato per l’esame congiunto della situazione l’8 gennaio”.
“L’azienda, nonostante sia rimasta ferma sulla sua posizione per quanto riguarda il marchio, ha aperto a tutte le altre soluzioni industriali. In particolare, si è detta disponibile alla proposta avanzata dal vicepremier Di Maio di affidare a un advisor il mandato per trovare soluzioni alternative che puntino alla reindustrializzazione del sito”, ha detto ancora Pellegrini. “Auspichiamo che la famiglia Toksoz riveda la decisione di non cedere il marchio e non disperiamo che, in questo periodo, sia possibile ottenere un risultato diverso per fare in modo che, oltre all’occupazione, si riesca a salvaguardare anche il Made in Italy”.
Tuttavia il comunicato stampa diramato dopo l’incontro dalla proprietà afferma che le “soluzioni concrete di re-industrializzazione del sito di Novi Ligure” saranno “a supporto della richiesta di cassa integrazione per cessazione di attività, con l’obiettivo di minimizzare per quanto possibile l’impatto sociale”.
La soluzione sembra dunque lontana e di certo non sarà un Natale sereno per i circa 250 dipendenti che dal 6 novembre sono in assemblea permanente davanti alla loro fabbrica, con un presidio che non vogliono abbandonare nonostante le intimazioni della società. A questo proposito è stato aperto un fondo di solidarietà per sostenere i lavoratori che non stanno percependo alcuna retribuzione intestato alla Diocesi di Tortona Caritas.
Intanto, il primo dicembre, la città si è riunita intorno ai lavoratori della Pernigotti in lotta: un migliaio di persone sono andate in piazza per difendere lo stabilimento di Novi Ligure e i posti di lavoro. In testa al corteo il sindaco Rocchino Muliere, che indossava la fascia tricolore, come gli altri sindaci del territorio intervenuti alla manifestazione, dietro lo striscione «#salviamolapernigotti».