PERNIGOTTI
Spiragli per i lavoratori dal tavolo Mise
Un incontro positivo che lascia aperti degli spiragli per trovare una soluzione alla vertenza Pernigotti. E soprattutto che mostra apertamente la disponibilità del vicepremier Luigi Di Maio non solo a salvare il marchio dolciario storico, ma anche la volontà ad intervenire con una legge per evitare che i marchi agroalimentari siano separati dai territori e dai lavoratori. “Entro la fine dell’anno faremo una norma che lega per sempre i marchi al loro territorio” ha detto il ministro dello sviluppo economico. “Non è accettabile” ha aggiunto “che si venga in Italia, si prenda un’azienda come la Pernigotti, si acquisisca il marchio poi si cambiano 5 manager in 5 anni e poi si dica scusate le cose non vanno bene ci teniamo il marchio e molliamo la gente. Questa non è la nostra idea di Paese”.
Una soluzione che accoglie le proposte avanzate dalla Uila nei giorni scorsi. “Ringraziamo il vicepremier Di Maio per aver accolto le nostre proposte prevedendo di legare con una norma i marchi alimentari del Made in Italy ai territori e tutelando, al tempo stesso, i lavoratori il cui destino non può essere disgiunto da quello del marchio. Apprezziamo, inoltre, la disponibilità mostrata al tavolo a trovare una soluzione concreta per salvare i lavoratori della Pernigotti” ha dichiarato Pietro Pellegrini, segretario nazionale della Uila che conduce le trattative per la crisi della Pernigotti, a conclusione del tavolo istituzionale al Mise. “Se l’azienda deciderà di andare via dall’Italia ce ne faremo una ragione. Ma non permetteremo che a pagare siano i lavoratori. Abbiamo bisogno di più tempo necessario per trovare un acquirente italiano disposto a comprare l’azienda insieme al marchio. Per questo abbiamo ribadito la necessità che venga concessa la cassa integrazione per riorganizzazione per 24 mesi e nel frattempo si attivi un percorso per consentire al marchio Pernigotti, famoso in tutto il mondo, di rimanere a Novi Ligure”.
Bacchettando l’azienda, ed enfatizzando negativamente l’assenza della proprietà al tavolo di confronto, Di Maio ha ribadito che stabilimento e marchio devono marciare insieme e che non è ipotizzabile chiudere il primo mantenendo la proprietà del marchio e portandolo fuori dall’Italia. “Se la proprietà turca non vuole più investire deve dare completa disponibilità a cedere il brand e noi cercheremo altri investitori. Concederemo, inoltre, la Cassa integrazione soltanto se l’azienda ci garantisce la reindustrializzazione», ha rilanciato Di Maio, chiedendo garanzie per i lavoratori.
I lavorati della Pernigotti, arrivati a Roma da Novi Ligure, dopo un lungo viaggio in pullman, pe presidiare il Mise durante l’incontro, sono andati via con una speranza in più.
Nei giorni scorsi il segretario generale Uila Stefano Mantegazza si era recato presso lo stabilimento di Novi, al centro in queste ultime settimane delle polemiche a causa della decisione della proprietà turca Toksoz, subentrata nel 2013 agli Averna, di voler chiudere e licenziare i dipendenti. Mantegazza è inoltre intervenuto al Consiglio Comunale dove centinaia di persone lavoratori si sono mobilitati per impedire la chiusura del sito. “Il Made in Italy alimentare non va svenduto. Il dramma della Pernigotti deve diventare per il governo italiano l’occasione per cambiare le regole del gioco evitando che, oltre ai licenziamenti, si consumi l’ennesima truffa ai danni dei consumatori di tutto il mondo. Non è infatti accettabile il paradosso per cui mentre la Pernigotti chiude, i suoi cioccolatini continueranno comunque a imbandire le tavole. Non è accettabile che la produzione sia delocalizzata in Turchia o che sia affidata a contoterzisti o a piccole cooperative italiane. Centosessanta anni di storia del Made in Italy non si possono cancellare con un colpo di spugna”. “L’emergenza Pernigotti è solo l’ultima, in ordine di tempo, che ci troviamo ad affrontare” ha aggiunto il segretario generale “ce ne sono altre, come quelle del caffè Hag e Splendid, marchi anch’essi espressione del made in Italy, alle quali occorre dare delle risposte. Per questo, riteniamo necessario, oltre a trovare le soluzioni migliori per salvaguardare l’occupazione, definire una nuova normativa di tutela dei nostri marchi storici che faccia emergere in etichetta il luogo di origine e produzione e che, soprattutto, vieti di dividere il marchio dalla produzione”.