CAMPANIA
Parco Nazionale del Vesuvio, incendio doloso e mal gestito
Perché non sono stati messi subito in campo gli operai forestali?
di Emilio Saggese
Quello che sta accadendo, oramai da quattro giorni, nel Parco Nazionale del Vesuvio dimostra purtroppo che in questa Regione si continua ad affrontare alcune importanti questioni con approssimazione e soprattutto intervenendo su emergenze che potrebbero essere evitate o quantomeno contenute se si imparasse a lavorare su l’ordinarietà e sulla cura continua e costante del bene comune. La battaglia contro questi e altri delinquenti, professionisti, non potrà mai essere vinta se la risposta continuerà ad essere quella di chi ad ogni incendio appare preso di sorpresa, come se non si conoscessero le pericolosità e le potenzialità di questi luoghi.
L’incendio divampato nel Parco Nazionale del Vesuvio è, senza se e senza ma, doloso. Tutti hanno potuto costatare, fin dal mattino di lunedì scorso, che i focolai appiccati erano dislocati in punti diversi, come a delineare un vero e proprio percorso che gli addetti ai lavori spesso identificano con la metafora “della batteria”. Lo scopo era ed è quello di far quanto più male possibile. Tuttavia il raggiungimento dell’obiettivo, con tutto il rispetto per la “professionalità” dei delinquenti non era certo. Per centrarlo vi era bisogno di alcune condizioni imprescindibili: il ritardo nelle operazioni di intervento di spegnimento; la qualità delle operazioni; i mezzi impiegati; il numero e la preparazione nel contrasto agli incendi delle persone sul campo.
Lungi da noi voler alimentare polemiche in questo momento dannose ed inutili. Tuttavia, è giusto sempre secondo noi sottolineare come vi siano state delle criticità evidenti nella gestione del problema. Le tecniche di intervento non sono solo quelle classiche di spegnimento con l’acqua attraverso elicotteri e canadair. Questi mezzi si utilizzano ad incendio oramai divampato e quando la situazione rischia di sfuggire al controllo.
Fondamentale in questa fattispecie sarebbe stato, per esempio, affrontare gli otto focolai sul campo, con l’azione di personale qualificato e competente nonché esperto su come circoscrivere ed impedire sul nascere il propagarsi del fuoco. Questa operazione ad alta specializzazione è nella professionalità e formazione specifica degli operai idraulico-forestali, che nella provincia di Napoli sono 50 di cui solo stamattina…dopo lo schieramento di tutte le risorse possibili ed immaginabili, tranne quelle appunto più indicate, è stato disposto l’utilizzo nella misura di 15 unità…La “Città Metropolitana di Napoli” ne ha dislocati, sul proprio territorio 50 e avrebbe potuto a fronte dell’emergenza e a norma di legge chiedere l’utilizzo di ulteriori unità alle Comunità Montane più vicine.
Purtroppo non è stato fatto. In piena emergenza gli operai idraulico-forestali sono stati tenuti incomprensibilmente a casa. I motivi ci restano sconosciuti. Si preferisce ancora una volta un esborso enorme di denaro anziché l’utilizzo di professionalità e competenze di cui si ha disponibilità. I drammatici risultati sono sotto gli occhi di tutti. Un patrimonio floro-faunistico andato in fumo, un altro danno ambientale di cui solo tra qualche tempo si inizierà a quantificare gli effetti sulla salute degli abitanti e ingenti risorse, come di frequente avviene, ancora una volta punto buttate al vento.
Per quello che ci riguarda affermiamo con durezza che i piromani vanno assolutamente individuati, consegnati alla giustizia e puniti severamente ed esemplarmente ma nel contempo sollecitiamo con energia un confronto serio, con le istituzioni, a partire dalla Regione Campania per ridisegnare una strategia di contrasto più efficace e risolutiva e per la quale fin da subito siamo pronti ad essere impegnati in prima linea.