LAVORO NERO
Nel Lazio oltre 13 mila i lavoratori agricoli irregolari
Ammonta a circa 300 milioni di euro il sommerso nel settore agricolo del Lazio e sono irregolari oltre 13 mila su 41 mila lavoratori del settore (di cui oltre 20mila stranieri). Lavoratori che, pur rappresentando soltanto l’1,8% del totale degli occupati della regione (circa 2,3 milioni di unità), a differenza degli altri settori, risultano in crescita dal 2010 al 2015 (+5.300 unità). Sono i dati rilevati dalla Uil di Roma e del Lazio e presentati con il dossier “L’agricoltura nel Lazio tra nero e irregolarità”, realizzato in collaborazione con la Uila e l’istituto di ricerche economiche e sociali Eures, in merito al lavoro agricolo, comparto che rappresenta l’1% del Pil e il 2,3% dell’occupazione regionale, per un valore di 1,74 miliardi di euro.
La ricerca è stata illustrata dal segretario generale della Uil di Roma e Lazio, Alberto Civica, insieme ai segretari regionali Uil Pierluigi Talamo e Uila Antonio Mattei.
Nel 2015 i lavoratori in nero individuati nel Lazio sono stati complessivamente 12.621 (Fonte Ispettorato del ministero del Lavoro), circa un quarto del totale registrato su scala nazionale (41.570). Di questi, circa il 6% sono nel settore agricolo (758 in termini assoluti), con una maggiore concentrazione nelle province di Latina e Viterbo, dove la percentuale di addetti all’agricoltura tra i lavoratori in nero si attesta rispettivamente al 17,5% e al 14,1%. Si tratta tuttavia soltanto della punta dell’iceberg: nel Lazio i lavoratori irregolari del comparto agricolo sono infatti stimati in oltre 13 mila unità, pari al 3,4% dei quasi 400mila irregolari presenti nella regione. A livello nazionale sono quasi 3,7 milioni e gli addetti all’agricoltura ne rappresentano il 5,7% (circa 210mila unità). Ciò che emerge in tutte le province è la forte caratterizzazione maschile del settore. La stessa crescita occupazionale è relativa esclusivamente agli uomini, che nel 2015 hanno registrato un incremento del 37,7% (+8.600 unità in termini assoluti) a fronte di una contrazione del 24,5% registrata dalle donne (-3.300 unità).
“Dodici ore di lavoro, paghe anche di 3 euro e 80 all’ora e giornate non segnate, che in agricoltura sotto i 50 giorni all’anno non permettono la cassa integrazione mentre sotto i 151 non si prendono i contributi per tutto l’anno, quindi un danno ulteriore che non permette l’erogazione degli ammortizzatori” ha affermato Civica. “Nel Lazio l’agricoltura vale 1,7 miliardi di euro, l’1% del Pil regionale, conta 45mila addetti e la metà sono stranieri. A parte le denunce, per anni abbiamo fatto una battaglia per raggiungere una normativa più stringente per il contrasto a questo fenomeno, e dopo anni di richieste della Uil finalmente è stata varata una legge contro il caporalato che vede un ruolo attivo del sindacato”. Legge che il segretario ha auspicato rappresenti un modello non solo per l’agricoltura ma anche per altri settori, avvicinando il controllo al territorio sia in termini di conoscenza che di sanzioni e “dando più diritti ai lavoratori, un punto di partenza rispetto a quanto fatto con il Jobs Act che invece dà più certezze ai datori di lavoro”.
Nel settore agricolo, ha quindi sottolineato Talamo, “bisogna distinguere tra due fenomeni: il caporalato, ovvero il lavoro nero e lo sfruttamento, e l’irregolarità, generalmente contrattuale, che nel Lazio riscontriamo essere la forma prevalente. Non si tratta quindi di caporalato in senso stretto, che in questa regione è fortunatamente un fenomeno marginale. Il lavoro in agricoltura è irregolare rispetto alle norme contrattuali, sia nei confronti dei minimi tabellari del Ccnl di categoria che di quelli dei contratti provinciali, che fissano minimi generalmente superiori a quelli nazionali. La tendenza dei datori di lavoro è quella di pagare le ore di lavoro al di sotto dei minimi e di dichiarare un numero di giornate inferiore rispetto a quelle lavorate”.
“Un altro aspetto” ha proseguito il segretario “riguarda la previdenza agricola: i lavoratori del settore hanno diritto a un sussidio visto che non lavorano tutto l’anno e il Ccnl prevede fondi complementari per malattia e assistenza sanitaria, ma spesso l’azienda non iscrive il lavoratore e non versa i contributi per risparmiare”.
L’auspicio di Mattei è che “lo scenario possa presto cambiare grazie anche alla nuova legge sul caporalato che prevede un inasprimento delle pene per i caporali e per le aziende che sfruttano il caporalato, indennizzi per le vittime e un piano di interventi per l’accoglienza dei lavoratori agricoli stagionali, oltre al rafforzamento della rete del lavoro agricolo di qualità, dovrebbe garantire maggiore legalità e risultati economici più che positivi per l’intero settore”. Se, infatti, l’economia del Lazio si caratterizza come prettamente terziaria (con l’84,4% del valore aggiunto prodotto in tale settore), per la Uil “non va sottovalutata l’importanza del settore agricolo”, che in termini dinamici presenta un significativo incremento del valore aggiunto prodotto nel periodo 2009-2013 (+14,4%, passando da 1,6 a 1,83 miliardi di euro), seguito tuttavia da una parziale frenata nell’ultimo anno (-4,9%).