Mobbing
Escluso se c’è la negligenza del lavoratore
Non integrano i presupposti del mobbing i rimproveri e le ripetute sanzioni disciplinari irrogate al lavoratore quando queste siano la conseguenza di un suo comportamento inadempiente.
Ciò è quanto stabilito dalla Corte di Cassazione che, con sentenza n. 2116/2016, ha rigettato il ricorso proposto da un portalettere per ottenere il risarcimento del danno da mobbing sostenendo di essere stato insultato più volte dal direttore dell’ufficio postale, di aver subito numerose sanzioni disciplinari per l’abnorme quantitativo di corrispondenza in giacenza e di essere stato sottoposto a continue richieste ingiustificate da parte del datore di lavoro (fra cui la richiesta di prestazioni di lavoro straordinario non dovuto e rifiuto di ferie).
Al riguardo, i Giudici della Cassazione hanno prima fatto proprie le motivazioni della Corte di Appello assumendo che tutte le sanzioni disciplinari e le prestazioni di lavoro straordinario richieste al dipendente fossero state ritenute legittime. Poi hanno precisato che in sede di giudizio di secondo grado era stato anche accertato un atteggiamento del dipendente poco collaborativo, negligente e restio ad eseguire gli ordini dei superiori creando un clima di tensione all’interno dell’ufficio.
Ribadendo quindi il proprio indirizzo giurisprudenziale, secondo cui il mobbing costituisce un fenomeno complesso caratterizzato in una serie di atti o comportamenti vessatori posti in essere nei confronti di un lavoratore da parte dei componenti del gruppo di lavoro in cui è inserito o dal suo capo che devono però essere protratti nel tempo e caratterizzati da un intento di persecuzione ed emarginazione per escludere la vittima dal gruppo, i giudici della suprema corte non hanno ravvisato il ricorrere di tali presupposti nel caso di specie. In cui, quindi, l’atteggiamento del lavoratore è stato tale da non configurare il mobbing.