Non ha diritto all’indennizzo INAIL la lavoratrice che si è infortunata durante una pausa caffè mentre percorreva a piedi la strada di rientro presso la sede lavorativa.
Lo ha deciso la Corte di Cassazione con sentenza n. 32473/2021.
Nel caso in esame la lavoratrice, che osservava orario di lavoro continuato 9 -15, aveva timbrato il cartellino in uscita per effettuare la “pausa caffè” di metà mattina presso un bar vicino. Mentre percorreva un breve tragitto a piedi era caduta procurandosi un trauma al polso destro.
Sia il giudice di primo grado che la Corte di Appello avevano riconosciuto l’indennizzo INAIL alla dipendente sostenendo l’esistenza del nesso causale tra l’infortunio e l’attività lavorativa, tenuto conto anche del fatto che la pausa era stata autorizzata dal datore di lavoro e che, all’interno della struttura, non era presente il servizio bar.
La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Inail e, ribaltando le decisioni dei due gradi precedenti, ha stabilito che, secondo l’art. 2 del D.P.R. n. 1124 del 1965, l’assicurazione INAIL comprende tutti i casi di infortunio avvenuti per causa violenta in occasione di lavoro mentre non sono coperti anche i rischi generici o elettivi, ovvero quelli scaturiti da una scelta arbitraria del lavoratore che per soddisfare esigenze personali, crei volutamente una situazione diversa da quella inerente l’attività lavorativa. Secondo la Corte, la lavoratrice, allontanandosi dall’ufficio per raggiungere il bar, si era volontariamente esposta ad un rischio non necessariamente connesso all’attività lavorativa per il soddisfacimento di un bisogno certamente procrastinabile e non impellente, interrompendo così la necessaria connessione causale tra attività lavorativa ed incidente.
Per tali ragioni i giudici di merito hanno ritenuto inesistenti i presupposti richiesti per l’indennizzabilità dell’infortunio da parte dell’Inail.