Dove andrà nel futuro il nostro Alimentare? E su quali macro-direzioni puntare come industria italiana? Dopo aver brillantemente superato la crisi mondiale del 2008-2014, grazie anche ad una molto accresciuta produttività del lavoro (+30% dicono gli autori, di cui però non c’è quasi traccia nei salari – diciamo Noi) e grazie all’export, i cui grandi utili complessivi però non sono finiti in quelle innovazioni – di impianto, di tecnologie e di prodotto – così importanti e come sarebbe stato saggio fare, per gli autori di questa ricerca non ci sono dubbi. Il settore deve puntare su 6 strade: a) prevenzione delle malattie legate alle diete per gruppi specifici di consumatori); b) miglioramento della sicurezza dei prodotti; c) miglioramento della qualità degli alimenti; d) intensificazione della produzione di alimenti sani e sicuri, per diete varie e bilanciate; e) miglioramento degli impianti; f) migliore utilizzo dei dati su cui costruire le strategie aziendali e settoriali.
Una strada che pare fatta apposta per il nostro Made in Italy : e non solo alimentare ma di tutta la nostra industria, come dicono nel titolo della ricerca gli Autori: “Ce la faremo se saremo intraprendenti”. Il che, tradotto, vuol dire che la via del futuro è quella dell’innovazione a tutto campo, attraverso un piano pubblico di investimenti mirati alla diffusione – nei territori e nelle piccole e medie imprese – delle nuove tecnologie.
Il libro dà conto di una ricerca realizzata in questi mesi da alcuni studiosi della facoltà di Ingegneria dell’Università di Roma (“La Sapienza”): provenienti da tre diversi dipartimenti hanno lavorato in stretto coordinamento tra loro – spiega il Rettore nell’introduzione – proprio in questi mesi di Covid sull’ipotesi di lavoro che la ripartenza e la crescita in competitività della nostra industria fosse una sfida centrale per un paese come l’Italia, con una manifattura piena di eccellenze e di potenzialità. Nella prima parte gli Autori hanno analizzato le caratteristiche strutturali di ciascun settore della nostra industria, evidenziandone punti di forza e di debolezza, tendenze e prospettive ed individuando alla fine, per ciascuno proposte e indicazioni mirate di intervento. Nella seconda parte si è cercato invece di individuare le caratteristiche del “domani”, e cioè l’evoluzione del quadro generale dei mercati nel “dopo 2021”.
Interessante la parte sull’industria alimentare, definita “una delle aree prioritarie in cui l’Italia ha una riconosciuta leadership industriale e scientifica a livello europeo e internazionale”: un settore però, definito, molto disomogeneo e frammentato, legato “a doppio filo” al settore agricolo; un’industria alimentare che ha i suoi punti di forza nella grande varietà ed eccellenza dei suoi prodotti e delle sue aziende legate strettamente ai vari territori e ai loro prodotti spesso tradizionali: settore frammentato, con tante aziende piccole e poche grandi, ma fortunatamente strutturato attorno ad uno zoccolo duro di medie-imprese, vero cuore pulsante e innovativo del nostro export. Una frammentazione che rende le nostre pur valide imprese deboli e spesso indifese di fronte alle nuove politiche europee e alle regole del WTO, come pure nella comunicazione dove molto resta da fare.
Emerge inoltre come, nonostante i grandi profitti delle imprese alimentari negli ultimi anni post-2008, gli investimenti sono stati direzionati quasi esclusivamente all’impacchettamento, ai processi organizzativi e alla pubblicità.