GIORNO PER GIORNO
G-20, la crisi c’è, impegni e interventi vincolanti ancora no
Il G-20 di Shanghai si è concluso tra molte preoccupazioni, innanzitutto per la crescita mondiale al rallentatore ed a rischio di ulteriori rallentamenti, poi per la volatilità delle Borse e l’instabilità dei mercati, infine per le svalutazioni competitive che minacciano di innescare “guerre valutarie a ripetizione” e, tutt’altro che da ultimo, per le disastrose conseguenze non solo europee, ma “planetarie” dell’eventuale “Brexit”.
Ha elargito abbondanti esortazioni, agli Stati perché mettano in ordine i loro conti ed in campo politiche fiscali espansive, alla “collaborazione multilaterale”, qualunque cosa voglia dire, tra le Istituzioni Finanziarie Internazionali ed il sistema globale del credito, alle imprese perché investano nell’economia reale, nell’innovazione e nella creazione di lavoro. Al mondo ha offerto una sola e non rassicurante certezza: le pur generosissime politiche monetarie delle Banche Centrali da sole non bastano e sempre meno basteranno a riavviare la crescita, a scongiurare la deflazione in agguato ed a ricomporre gli squilibri della finanza e del commercio mondiali.
Nelle conclusioni del G-20, soprattutto, non c’è traccia di impegni vincolanti, né di interventi operativi, tutti “rimandati a settembre”, al Vertice di Hangzhou convocato per il prossimo autunno, nella speranza che non sia troppo tardi.
Insomma, per quanto si voglia vedere il “bicchiere mezzo pieno”, la riunione del G-20 di Shanghai è stata nella migliore delle ipotesi “istruttoria”, poco più che uno scambio di opinioni, con poche o punte proposte concrete.
Una riunione, peraltro, viziata da non piccole ambiguità ed appesantita da clamorosi silenzi, le une e gli altri “convitati di pietra” al capezzale della globalizzazione malata dell’economia.
E’ certamente ambigua la promessa cinese di non procedere ad altre svalutazioni dello yuan sulla quale promessa, molte volte ed anche di recente smentita dai fatti, si è sbrigativamente chiusa ogni discussione sulla “crisi sostanzialmente sistemica” della Cina.
Pesantissimo il silenzio calato sulle tensioni geo-politiche e sui conflitti armati in corso ed in preparazione, che di sicuro non giovano alla salute economica del mondo e sempre più compromettono la stabilità non solo economica di vaste e cruciali aree del mondo, dal cuore economico dell’Europa all’ombelico petrolifero del pianeta .
Altrettanto pesante la “reticenza diplomatica” usata da USA e UE per dissimulare, almeno per il momento, l’indisponibilità europea ed americana ad ammettere che la Cina sia diventata una economia davvero di mercato e non sia tuttora, come tutto suggerisce, un “sistema economico di comando”.
Questo G20 con troppe ambiguità, troppi silenzi, troppi convitati di pietra, perciò, non sembra avere convinto i mercati, visto che il prezzo del petrolio e delle materie prime continua a ristagnare, a deprimere le economie emergenti e gli scambi internazionali, a scatenare la sempre più forsennata corsa ai “beni rifugio”.
Anche le borse non paiono fidarsene più di tanto, al punto che quelle cinesi hanno accusato una brusca caduta proprio nella prima seduta utile successiva al G20. Per non dire della diffidenza delle imprese, così poco persuase che i modesti esiti del G20 riescano a rivitalizzare gli scambi internazionali e a ridurre gli eccessi di capacità produttiva sparsi per il mondo, che la stessa siderurgia cinese, a G20 appena chiuso, ha annunciato 1.800.000 esuberi.
Nel frattempo ed in mancanza di alternative, la BCE, le altre Banche Centrali e, sia pure con più moderazione che in passato, la FED continuano a “pompare liquidità” e a spingere i tassi dell’interesse addirittura “sotto zero”, peraltro senza apprezzabili risultati sul fronte del contrasto alla deflazione.
Pagando, però, il sollievo assicurato dal denaro a buon mercato ai conti degli Stati più indebitati, con la compressione dei margini bancari, che diluisce il patrimonio degli Istituti di Credito, moltiplica le richieste di “salvataggio” ed espone sempre più risparmiatori all’incubo del “bail in”.
Insomma, se la settimana scorsa speravo che il G20 riuscisse a deviare il corso della crisi mondiale verso “il male per ognuno minore”, per quanto mi auguri di essere smentito domani, oggi temo che la crisi continui a scorrere nella “peggiore direzione per tutti”.