FILIERA AGROALIMENTARE
Stop alle pratiche sleali. Entra in vigore la Direttiva Europea
De Castro: “Italia recepisca presto la direttiva e introduca aste a doppio ribasso”
Con la firma congiunta del presidente del Parlamento Europeo Antonio Tajani e del ministro per gli Affari europei della presidenza rumena, diventa definitiva la Direttiva europea contro le pratiche commerciali sleali nella filiera agroalimentare. Non appena il provvedimento sarà pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’Ue, gli Stati membri avranno 24 mesi per recepire le norme nei vari ordinamenti nazionali. “Abbiamo mantenuto la promessa fatta: dopo 10 anni di attesa siamo riusciti, in un tempo record, a mettere al bando le pratiche commerciali sleali nella catena alimentare per garantire un trattamento equo ad agricoltori, produttori e consumatori europei” ha affermato Paolo De Castro, primo vice presidente della Commissione agricoltura del Parlamento europeo e relatore della direttiva Ue che ha portato avanti con tenacia questa battaglia caratterizzata, in particolare, dalle continue pressioni delle lobby della grande distribuzione europea.
Il provvedimento finale, che si compone di 15 articoli, vede la luce dopo un travagliato braccio di ferro tra Parlamento e Consiglio su diverse misure che ha portato, però, ad un numero significativo di modifiche rispetto al testo iniziale migliorando considerevolmente la protezione degli agricoltori e delle piccole, medie e medio-grandi imprese agroalimentari.
La direttiva si applica a tutti i prodotti agricoli, non solo alimentari, e a tutti gli acquirenti anche extra-UE per evitare elusioni. Il testo oltre a definire in linea generale la “pratica commerciale sleale”, individua le pratiche commerciali che devono essere proibite indipendentemente da qualsiasi altro parametro.
Le pratiche sleali inoltre sono state raddoppiate da 8 a 16 ed è stata prevista la possibilità per gli Stati membri di estenderle ulteriormente nei singoli ordinamenti nazionali. Esse sono:
1) ritardi nei pagamenti per i prodotti deperibili (oltre i 30 giorni);
2) modifiche unilaterali e retroattive dei contratti di fornitura;
3) cancellazione degli ordini di prodotti deperibili con breve preavviso;
4) pagamento per il deterioramento dei prodotti già venduti e consegnati all’acquirente;
5) ritardi nei pagamenti per i prodotti non deperibili (oltre i 60 giorni);
6) imposizione di pagamenti per servizi non correlati alla vendita del prodotto agricolo e alimentare;
7) rifiuto di concedere un contratto scritto se richiesto dal fornitore;
8) abuso di informazioni confidenziali del fornitore da parte dell’acquirente;
9) ritorsioni commerciali o anche solo la minaccia di ritorsioni nel caso in cui il fornitore si avvalga dei diritti garantiti da questa Direttiva;
10) pagamento da parte del fornitore per la gestione dei reclami dei clienti non dovuti alla negligenza del fornitore stesso.
A queste si aggiungono altre pratiche, considerate sleali quando applicate senza un accordo, ma che possono essere accettabili o presentare addirittura un aumento di efficienza reciproca se sono precedentemente concordate, in modo chiaro e univoco, tra le parti che sono: 1) la restituzione di prodotti invenduti o sprecati; 2) il pagamento di costi per l’immissione sul mercato del prodotto, di immagazzinamento, di esposizione o inserimento in listino dei prodotti alimentari; 3) il pagamento per spese promozionali; 4) il pagamento per spese pubblicitarie; 5) il pagamento per i costi di advertising; 6) il pagamento per la gestione del prodotto una volta consegnato. Sono state inoltre rafforzate molte delle pratiche inizialmente proposte dalla Commissione, come l’inserimento del preavviso di minimo 30 giorni per le cancellazioni degli ordini, il divieto di qualsiasi modifica unilaterale dell’ordine indipendentemente dal fatto che sia retroattiva o meno, o il divieto di imposizione non solo da parte dell’acquirente, ma anche da parte delle centrali d’acquisto, di costi e servizi non richiesti.
Il negoziato tra Consiglio e Europarlamento ha portato, inoltre, a espandere notevolmente il numero di fornitori protetti. La bozza legislativa dell’Esecutivo Ue prevedeva la protezione dei fornitori con fatturati inferiori ai 50 milioni di euro o un numero di dipendenti fino a 250, nelle loro relazioni commerciali con i soli acquirenti con fatturati o numero di dipendenti superiori a tali soglie. Su insistenza dell’Europarlamento, la versione definitiva della Direttiva ha esteso la tutela a tutte le aziende agricole e le imprese agroalimentari con soglia di fatturato a 350 milioni di euro garantendo protezione contro le pratiche sleali al 100% degli agricoltori e al 97% delle aziende agroalimentari dell’Ue.
Gli Stati potranno dotarsi di una o più authority di contrasto specifiche per le pratiche sleali che avranno, tra l’altro, l’obbligo non solo di accertare ma di agire e porre fine a queste prassi, sanzionando i responsabili. Il fornitore potrà decidere se rivolgersi all’autorità di contrasto del proprio Stato membro o a quella dello Stato membro dell’acquirente, scegliendo quindi la legislazione nazionale più appropriata alle sue necessità e richiedendo, inoltre, che la propria identità e le informazioni ritenute sensibili siano protette da anonimato per tutta la procedura investigativa.
“Mi auguro che l’Italia possa continuare a dimostrarsi capofila nella battaglia che siamo riusciti a vincere a livello europeo, recependo rapidamente la Direttiva, estendendo la protezione a tutti i produttori, ed aggiungendo alla lista di pratiche proibite anche le vendite sotto costo e le aste a doppio ribasso” ha aggiunto De Castro. “L’obiettivo deve essere quello di dare certezza giuridica ai nostri produttori, adattando e migliorando l’attuale Articolo 62 del Decreto Legge del gennaio 2012 contro le speculazioni commerciali in materia di cessione di prodotti agricoli e agroalimentari, ma che salvo un unico caso è rimasto lettera morta”.