di Fabrizio De Pascale
Una data storica per il continente africano, lo scorso 7 luglio, di cui non si è accorto quasi nessuno: 54 (su 55) Stati africani hanno ratificato l’accordo continentale di libero scambio (AFCFTA), volto a eliminare i dazi doganali interafricani, sottoscritto un anno fa da 44 stati e frutto di un negoziato avviato nel 2015.
L’accordo prevede la soppressione del 90% delle barriere tariffarie e, soprattutto, non tariffarie che hanno sin qui ostacolato il commercio intercontinentale, condannando i paesi africani a una dipendenza paralizzante dalle economie europea e cinese.
Stuzzicadenti cinesi, latte olandese, zucchero francese, cioccolato svizzero, tovaglioli canadesi. In un qualsiasi minimarket africano gli scaffali sono pieni di prodotti importati da mezzo mondo. Eppure, molti di questi stessi beni potrebbero essere acquistati da paesi più vicini, Ghana, Marocco, Nigeria, Sudafrica, ecc. che dispongono di una base industriale sufficiente. Perché accade ciò? La risposta è da cercare in quel groviglio di leggi, ordinamenti e prassi commerciali, tra le quali trasporti e stoccaggi inadeguati, tasse commerciali “informali”, lunghe procedure doganali che hanno reso finora il mercato intra-africano estremamente costoso, scomodo e vittima di lungaggini, con conseguenze negative su occupazione e crescita economica di un continente intero.
Si pensi, ad esempio, che nel 2015-2016, l’Olanda ha esportato 90.000 tonnellate di aglio in Costa D’Avorio, mentre lo stesso prodotto “made” nel più vicino Niger, a causa delle barriere non tariffarie esistenti, arriva a costare, in Costa d’Avorio, il doppio dell’aglio olandese. Si pensi ancora che gli scambi tra paesi africani rappresentano il 17%, rispetto al volume intra-asiatico (60%) e intra-europeo (70%).
L’accordo mira a creare un mercato unico di 1,3 miliardi di persone con un PIL di 3,8 miliardi di euro. Secondo stime UNCTAD (Conferenza ONU commercio e sviluppo) con l’area di libero scambio si avrebbe un incremento del commercio tra l’Africa e il resto del mondo del 2,8% rispetto alle previsioni per il 2022 in assenza dell’accordo. Allo stesso modo, il peso del commercio intra-africano sugli scambi commerciali totali del continente potrebbe aumentare del 52% rispetto alle proiezioni per il 2022. A beneficiare maggiormente di questo incremento dell’attività commerciale africana sarebbero il settore agricolo e quello industriale. La diminuzione degli introiti derivanti dalle tasse doganali verrebbe compensata da un aumento del reddito e del salario reale, come conseguenza possibile di un aumento degli export.
Sicuramente gli ostacoli da superare per raggiungere questi risultati non sono pochi, fanno notare molti osservatori, ciò non toglie che si tratta di un accordo storico che apre una nuova fase di possibile sviluppo economico e sociale per il continente africano.
per saperne di più:
https://www.tralac.org/resources/our-resources/6730-continental-free-trade-area-cfta.html