Salvatore MURA (a cura di),
Per una storia del Cnel. Antologia di documenti (1946-2018)
Il Mulino, Bologna 2019, pp.386
L’autore, giovane storico, ricostruisce per la prima volta, su fonti d’Archivio, le vicende del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro; un organo che, per la Costituzione repubblicana, dovrebbe dar voce e peso politico agli interessi organizzati della società civile: dai sindacati agli imprenditori, a tutto l’arco dell’associazionismo economico e sociale italiano. Come evidenziato dal titolo, non si tratta di una storia vera e propria ma, in pratica, di una prima antologia di testi e documenti, in vista di un più ampio progetto di ricostruzione storica (quasi sconosciuta, questa, per l’A.) del CNEL: ragioni istitutive, caratteristiche e obiettivi delle varie presidenze, contrasti tra diverse concezioni, rapporti con la politica, leggi applicative, strumenti d’azione e risultati effettivi ottenuti.
Dopo un capitolo introduttivo sul pensiero dei padri costituenti sul tema della “necessaria” rappresentanza degli interessi nelle istituzioni democratiche, il volume presenta testi e documenti su: il dibattito sulla legge istitutiva del 1957, le tante pronunce del CNEL (poco seguite peraltro dal Parlamento e dai vari Governi), il lungo dibattito sulla sua Riforma interna, i contenuti di questa e i lavori del nuovo CNEL dopo il 1989. In appendice l’elenco completo di Disegni di legge, Osservazioni, Proposte, Pareri e Rapporti prodotti in decenni dal CNEL, quasi mai accolti in verità dalla politica italiana, pur frutto della positiva cooperazione tra le parti sociali.
L’autore pur sottolineando il carattere iniziale e provvisorio del suo lavoro, evidenza quelli che, a suo avviso, sono i punti chiave della storia CNEL oggi alla ricerca di una nuova identità.
Occorre anzitutto ricordare – sottolinea – che il CNEL nasce da un’esigenza comune a tutte le moderne democrazie industriali: affiancare alla rappresentanza generale del Parlamento quella specifica e settoriale delle parti sociali e/o interessi organizzati. In Italia le sue radici sono nell’esperienza del Consiglio superiore del lavoro (di Giolitti e del socialismo riformista); esperienza di studio e di proposta bloccata sul nascere dal Fascismo che la trasformò ed esasperò per costruire un vero e proprio sistema corporativo alternativo alla democrazia parlamentare. E fu infatti il ricordo di questa politica fascista a far ridimensionare, nel dopoguerra, la proposta iniziale dei Costituenti per una Camera degli interessi a fianco del Parlamento; preoccupazione che, assieme all’opposizione dei liberali e dei comunisti (con l’unica voce favorevole di Di Vittorio) timorosi di togliere centralità alla politica, portò ad avere, solo nel 1957, un organo dimezzato nei poteri e nelle proposte anche se rappresentativo delle categorie e dei settori della società civile italiana.
Ma, pur con i suoi difetti il Cnel, negli anni faceva sentire la sua voce di proposta: dalle partecipazioni statali alla previdenza, dalle privatizzazioni/nazionalizzazioni ai licenziamenti, dall’erga omnes nei contratti alle politiche economiche, mentre incessante fu il dibattito – nel Cnel e nel Paese – per una riforma, dagli anni ’70 delle lotte sociali a quelli ’80 della concertazione, fino alla nuova legge del 1986 e alla presidenza De Rita (1989-2000) che puntava su nuove attività: da quelle internazionali ai rapporti di settore, dagli immigrati ai nuovi lavori, dal Mezzogiorno all’Archivio nazionale dei contratti; per arrivare ai 109 patti territoriali firmati al CNEL dalle parti sociali per lo sviluppo dei territori del nostro paese. A tale periodo creativo (ma sostanzialmente disarmato) del CNEL seguivano poi anni di immobilismo e di scarsa attenzione ad esso della politica italiana, scettica sull’utilità di ascoltare e cooperare con le parti sociali: nodo invece ineludibile, per l’A., per ogni moderna democrazia di mercato.