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A Renzi serve un “patto sociale” con il sindacato

14 Giugno 2016
in L'INTERVISTA
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L’INTERVISTA
A Renzi serve un “patto sociale” con il sindacato
di Fabrizio De Pascale

Questa domenica avevo in programma di partecipare a una regata velica. Sarei partito di buon mattino, prima di poter ricevere la fatidica telefonata. E invece…la chiamata di Stefano è arrivata il sabato sera, annunciandomi la sua intenzione di rilasciare, forse per la prima volta, un’intervista su temi “politici”. Incredulo, non ho quindi saputo dir di no…E rieccoci qui, la mattina della domenica a cavallo tra i due turni delle elezioni amministrative che interessano molti comuni italiani. 

Fabrizio. Allora Segretario, il vento elettorale sembra scuotere le fondamenta del palazzo della politica nazionale?
Stefano. Non credo sia giusto trasformare il voto del 5 giugno in un referendum pro o contro Renzi. Certo è che gli italiani hanno mandato al PD e al Presidente del Consiglio un messaggio forte e chiaro.

F. E cosa c’è scritto in quel messaggio?
S. Che il vento che lo ha finora sospinto si sta affievolendo e cambiando direzione. Le incertezze economiche e sociali, la disoccupazione che non cala, la ripresa annunciata ma non percepita si sono coagulate in un forte voto anti-sistema.

F. Mi sembra un giudizio un po’ troppo netto…
S. Assolutamente si. Non amo i riferimenti statistici ma i risultati di queste amministrative assomigliano molto a quelli di cinque anni fa. Le nozze degli italiani con Renzi trovano in questo voto la prima vera battuta di arresto, ancora più significativa di quella già preannunciata con il voto regionale dell’anno scorso.

F. Cresce il partito dell’astensione e quello della protesta. Tu hai votato?
S. Certo. Ho sempre spiegato ai miei figli che il voto è un dovere non un diritto. Ho votato a Roma, dove il candidato del PD ha vinto in due soli quartieri: Centro e Parioli. Ha conquistato il consenso dell’elettorato borghese-benestante ma ha perso quello proprio di un partito di sinistra. Se il voto delle periferie e quelli di giovani, precari e disoccupati vanno al M5S – e in alcuni casi alle liste di destra – il segnale è chiaro: Renzi e il PD hanno perso il contatto con il loro elettorato tradizionale e non riescono a sostituirlo con nuovi apporti.

F. E ora che può succedere?
S. Abbiamo di fronte due scenari. Il Presidente del Consiglio insiste lungo questa strada e in questo caso perderà la sfida di rinnovare il Paese e ci lascerà in un mare di guai. Oppure capisce che è indispensabile cambiare rotta e che c’è bisogno di un patto sociale con i corpi intermedi e in particolare con il sindacato.

F. Con il sindacato?
S. Proprio così. Io mi auguro che Renzi con il voto di qualche giorno fa, abbia compreso che anche i più deboli, i perdenti della globalizzazione, le donne pagate con i voucher, i pensionati al minimo, gli espulsi a sessant’anni dal mondo del lavoro votano e che, questa volta, in larga parte, non hanno votato per il PD. Mi auguro che abbia capito che una serie di suoi eccessi ha consegnato buona parte degli elettori al populismo padano di Salvini o all’antipolitica grillina.

F. Insisti con opinioni sempre molto nette. Forse troppo?
S. No se guardiamo in faccia la realtà. Abbiamo passato due anni in cui il Governo – 80 euro esclusi – ha preso a schiaffi lavoratori e pensionati. Due anni in cui diritti e tutele nati da lotte sindacali giuste che hanno realizzato un welfare avanzato, sono stati ridotti a semplici spettanze comprimibili a secondo delle difficoltà economiche del paese. Il Jobs Act non ha portato con sé solo più facilità a licenziare, ha anche regalato demansionamenti e minori protezioni sociali. E poi ci sono gli statali senza rinnovo del contratto, la minaccia di intervenire per legge sulla rappresentanza e nel modello contrattuale, il sostegno all’idea che in Italia i salari debbano crescere solo in quelle aziende dove si contratta la produttività… e potrei continuare…

F. In effetti…Aggiungerei anche l’attacco ai patronati…
S. Esatto. Il taglio dei fondi ai patronati, istituzione sana che supplisce alle carenze dello stato ed è finanziata non con soldi pubblici ma con quelli di imprese e lavoratori, è stata un’odiosa e ingiusta scelta che testimonia, nei confronti in particolare del sindacato, una volontà punitiva inaccettabile e incomprensibile.

F. Ma almeno tutto ciò è servito a favorire un po’ di ripresa, o no?
S. Ma dove? A fronte di queste scelte l’Italia continua a crescere la metà del resto dell’Unione e quindi, esattamente come è successo con i precedenti governi, si dimostra ancora una volta che togliere diritti, salari e tutele serve solo a far diventare questo paese più povero e non a farlo crescere come dovrebbe.

F. Nei giorni scorsi c’è stata un’apertura del governo nei confronti dei sindacati. Forse che Renzi ha cominciato a percepire quello che tu denunci?
S. Me lo auguro, con tutto l’ottimismo del sindacalista. CGIL, CISL e UIL incontreranno nei prossimi giorni il Ministro del lavoro per aprire un fronte di discussione importante. Sicuramente è una grande opportunità da sfruttare. Flessibilità in uscita, estensione del bonus da 80 euro ai pensionati, rinnovo del contratto dei dipendenti pubblici. Su questi temi vanno definite soluzioni positive.

F. Però servirebbero un sacco di soldi…
S. Certo. Il Presidente del Consiglio deve decidere una buona volta se vuole “sporcarsi le mani” riorganizzando davvero la macchina burocratica, oggi ancora oppressiva e ottusa. Deve decidere se vuole sul serio realizzare la spending-review e far pagare tasse e contributi sociali a chi li evade un giorno sì e un giorno no. Questa è la politica che salva Renzi e il suo Governo ma soprattutto è la politica che salva il Paese.

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