EUROPA
Visentini, CES: “L’Europa ha bisogno di salari più alti”
di Fabrizio De Pascale
Negli ultimi 30 anni, in Europa, mentre la produttività del lavoro è cresciuta del 30%, l’incremento dei salari è stato inferiore al 20%; il che significa che, mentre sono cresciuti i profitti per le imprese, i salari dei lavoratori sono rimasti sostanzialmente fermi se si considera il generale aumento del costo della vita.
Questo semplice dato spiega bene la rivendicazione portata avanti dalla Confederazione europea dei sindacati (Ces) che è stata al centro dei lavori della Conferenza di organizzazione, svoltasi a Roma dal 29 al 31 maggio 2017, alla quale hanno partecipato 400 delegati.
Ancora più esplicito è stato il segretario della Ces Luca Visentini che, aprendo i lavori della conferenza ha detto: “i salari europei nell’ultimo decennio sono crollati e la domanda interna si è depressa. L’unica soluzione per aumentare i salari è estendere i contratti collettivi nazionali di lavoro. Attualmente solo in 9 Paesi della Ue la maggioranza dei lavoratori è coperta da contratti collettivi nazionali”.
Ai lavori della Conferenza Ces sono intervenuti, tra gli altri, la commissaria europea al lavoro e agli affari sociali Marianne Thyssen, il ministro del lavoro Giuliano Poletti e il presidente della commissione lavoro della camera dei deputati Cesare Damiano. Significativo il messaggio inviato dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nel quale si legge, tra l’altro, “la gravità della situazione, con forti squilibri e un’elevata disoccupazione giovanile, richiede interventi più ambiziosi per una crescita sostenibile, con occupazione di qualità e compensi equi” e ancora che “i corpi sociali intermedi, le rappresentanze sindacali possono dare un utile contributo per promuovere un nuovo corso di politiche europee capaci di affrontare le trasformazioni sociali e le disuguaglianze tra Paesi”.
Di particolare rilievo l’intervento di Nicolas Schmit, ministro lussemburghese del lavoro, che ha sottolineato l’importanza del “pilastro europeo dei diritti sociali” adottato dalla commissione in aprile: “finalmente la questione sociale rientra, dopo tanti anni di trionfo neo-liberista, nell’agenda europea” ha detto “ma se non seguiranno fatti ulteriori e concreti tutto ciò non basterà a salvare l’Unione”. Schmit si è poi detto d’accordo sull’opportunità di inserire nelle gare per gli appalti pubblici clausole che “favoriscano le aziende che privilegino la contrattazione collettiva e abbiano comunque al loro interno un buon dialogo sociale”.
Nel suo intervento, il segretario generale della Uil Carmelo Barbagallo ha affermato: “Non è questa l’Europa a cui pensavano i nostri padri. Nei prossimi anni la popolazione europea calerà di 50 milioni di persone e noi litighiamo per alcune migliaia di profughi. Manchester ci insegna che si può uscire dalla Ue come ha fatto il Regno Unito, ma non si può uscire dal terrorismo perché nasce in casa nostra”. Riferendosi al recente vertice G7, Barbagallo ha rimarcato come “il vertice di Taormina non ci aiuta. Non può essere solo il Papa a ricordare che la speculazione è un peccato che va contro gli interessi collettivi”.
Al tema della contrattazione collettiva e all’esigenza di potenziarla ed estenderla in tutta i paesi Ue, è stato dedicato ampio spazio nei dibattiti della tre giorni di Roma. Sul tema è intervenuto anche, per Uil, Michele Tartaglione.
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