GIORNO PER GIORNO
Quel tesoretto che non si sa se c’è o non c’è
Tra febbraio e marzo il debito pubblico italiano è aumentato di 3,3 miliardi, toccando il nuovo record di 2.169,2 miliardi, oltre il 133% del PIL. E poteva andar peggio, se il Tesoro non avesse ridotto di 3,6 mld le sue disponibilità liquide, se la deflazione e “l’aiutino” del Q. E. non ci avessero fatto risparmiare un altro miliardo sugli interessi sui Titoli di Stato e se la Grecia non ce ne avesse restituiti circa due, dei 40 e passa che ci deve.
Tuttavia, lo Stato e le sue svariate propaggini continueranno a spendere a credito, in ragione di un disavanzo corrente che anche nel 2015 resterà al 2,6% di un PIL che, sebbene diminuito dello 0,4% nel 2014, secondo il DEF quest’anno dovrebbe crescere non dello 0,6% previsto non molte settimane or sono, bensì dello 0,7%. Da qui, da questo 0,1% in più di crescita sperata, nasce il “tesoretto” da 1,6 miliardi che Renzi si appresta a spendere.
Però, il FMI e l’OCSE non sono d’accordo. Il FMI prevede che il PIL italiano aumenterà nel 2015 soltanto dello 0,5%, l’OCSE, più generosamente, stima che l’Italia crescerà nei prossimi mesi dello 0,6%, esattamente quanto inizialmente stimato dal Governo. Quindi, se ha ragione l’OCSE, il “tesoretto” non c’è, se ha ragione il FMI, il Governo, invece di avere 1,6 miliardi in più da spendere, avrà speso 1,6 miliardi che non ha.
Fra pochi mesi non basteranno i tweet consolatori e gli illusori annunci che hanno accompagnato l’approvazione del DEF, Renzi dovrà fare davvero i conti con le strettoie finanziarie e con le scelte di bilancio della Legge di Stabilità. Rischia seriamente di trovarsi nell’infelice situazione dell’improvvida massaia che, già indebitata per un terzo in più delle entrate familiari di un intero anno, dopo aver speso tutto lo stipendio del marito e aver lasciato dei conti in sospeso dal droghiere, deve chiedere altri soldi in prestito alla banca.