LAVORO
Piccole imprese, niente NASpI per risoluzione consensuale
di Eleonora Tomba
Il lavoratore di un’azienda con meno di 15 dipendenti che risolva consensualmente il proprio rapporto di lavoro non ha diritto alla NASpI.
Lo ha precisato il Ministero del Lavoro, con una nota del 15 febbraio 2016, spiegando che il D.Lgs. n. 22/2015 (che ha introdotto la NASpI), riconosce lo status di disoccupato anche nei casi di risoluzione consensuale, ma solo se si tratta di risoluzione intervenuta con la procedura obbligatoria di cui all’art. 7 della Legge n. 604/1966. Procedura prevista, però, solo per le aziende con più di 15 dipendenti e solo per gli assunti prima del 7 marzo 2015, data di entrata in vigore del contratto a tutele crescenti. In base a tale procedura il datore che voglia licenziare per giustificato motivo oggettivo (licenziamento economico), è obbligato ad informare preventivamente lavoratore e DTL, la quale convocherà le parti entro 7 giorni al fine di cercare soluzioni alternative al licenziamento o, in alternativa, risolverà consensualmente il rapporto.
Viceversa, il Ministero non prevede la possibilità di accedere alla NASpI per un dipendente di una piccola azienda che chiuda il proprio rapporto con una conciliazione in sede sindacale o in DTL (le uniche previste per le aziende sotto i 15 dipendenti dall’art. 410 c.p.c.).
La nota, però, oltre a sancire un’esclusione discriminatoria di una parte di lavoratori dall’accesso alla NASpI (che, è bene ricordarlo, dal 2017 sostituirà anche l’indennità di mobilità) lascia spazio a dubbi più gravi.
Gli assunti a tutele crescenti, anche se in aziende sopra i 15 dipendenti, potrebbero non avere accesso al trattamento di disoccupazione se risolvono consensualmente il proprio rapporto, visto che la procedura ex art. 7 L. 604/66 non è più prevista per i “nuovi assunti”. E ancora, dato che la citata procedura è prevista solo per il licenziamento economico, anche tutti i lavoratori licenziati per motivo soggettivo, se conciliano, non possono beneficiare della NASpI?
Non si tratta di questioni di lana caprina dal momento che se fosse confermata un’interpretazione così restrittiva l’utilizzo dello strumento conciliativo perderebbe progressivamente ogni efficacia. In attesa che il Ministero intervenga celermente per fornire i dovuti chiarimenti, invitiamo i nostri iscritti a valutare attentamente la convenienza caso per caso di un una risoluzione transattiva come alternativa al licenziamento.