L’INTERVISTA
Mantegazza (Uila): “la ripresa c’è ma il governo ci ascolti: non perdiamo questa occasione per far ripartire il paese”
di Giusy Pascucci
Ripresa economica, legge di stabilità, conti pubblici e soldi da restituire ai lavoratori e ai pensionati italiani… Le proposte per rilanciare l’occupazione e sulla riforma del modello contrattuale; conclusione sulla “vicenda” del Colosseo. In questa intervista il segretario generale Uila Stefano Mantegazza parla a tutto campo, non risparmiando critiche e suggerimenti al governo di Matteo Renzi.
Domanda. L’Italia, come sostiene il Governo, è effettivamente uscita dalla crisi?
Risposta. Si. Dall’inizio dell’anno i principali indicatori hanno virato in positivo. Non è un caso se la proposta della UIL di riforma del modello contrattuale vuole agganciare l’incremento dei salari alla crescita del Pil. Piuttosto sarebbe utile approfondire come e perché ci siamo lasciati alle spalle sette anni tragici.
D. Approfondiamo….
R. L’Italia torna a produrre ricchezza in virtù di due fattori. Il primo è di natura “esogena”: il prezzo del petrolio e di molte materie prime è crollato, l’euro si è deprezzato sul dollaro e l’acquisto di titoli pubblici da parte della BCE tiene bassi gli interessi sui debiti degli stati. Per un paese come l’Italia che importa materie prime ed esporta trasformati questo contesto vale una manovra economica espansiva.
D. La seconda?
R. È di natura endogena. I sacrifici di lavoratori e pensionati, misurabili in decine di miliardi di euro, hanno permesso ai governi che si sono succeduti di evitare il fallimento del Paese. Ora che il peggio è alle nostre spalle una parte di quanto gli è stato tolto andrebbe, quindi, restituito.
D. Decine di miliardi?
R. Assolutamente sì. Pensiamo alla crescita dell’imposizione fiscale pagata dai soliti noti, a tutti coloro che sono stati licenziati, perdendo il proprio reddito, pensiamo a chi, alle soglie della pensione, è stato costretto a lavorare altri anni in più con un grande risparmio per la collettività. Pensiamo ai tanti che da anni non vedono rinnovati i contratti di lavoro. La ricchezza persa da lavoratori dipendenti e pensionati in questi sette anni può essere paragonata a quella che si può perdere a causa di una guerra.
D. La finanziaria appena annunciata dal Governo Renzi, che conterrà meno tasse e più sviluppo, giunge quindi a proposito?
R. La ripresa c’è ma il governo ci ascolti: non perdiamo questa occasione per far ripartire il paese. Così come è stata annunciata questa finanziaria rischia di essere, al contrario, un’altra opportunità persa.
D. Addirittura?
R. Purtroppo si. Basta fare due conti. A gennaio del 2016 sarebbero scattati 16 miliardi di nuove tasse (IVA più accise) perché il Governo non ha tagliato, di un pari importo, la spesa pubblica come si era impegnato a fare con Bruxelles. Cosa fa Renzi per evitare questa tassazione aggiuntiva? Negozia con l’Europa un’espansione del deficit di 17,9 miliardi (altri debiti sulle spalle degli italiani). Gli altri 10 miliardi che mancano per arrivare ai 27 annunciati sono ancora da trovare. Vedremo se saranno veramente tagli alla spesa e di quale spesa. Resta però accertato un fatto: la legge di stabilità evita, con debiti aggiuntivi che dovremo ripagare, che scattino nuove tasse. Solo 10 miliardi sono stanziati per lo sviluppo del paese. Troppo poco per cogliere i venti buoni della ripresa in atto.
D. La metà di questo importo servirà ad abolire la Tasi sulla prima casa e a cancellare l’IMU agricola e quella sui macchinari “imbullonati” all’interno dei capannoni…
R. Ben vengano questi provvedimenti. Anche se eliminare la Tasi a tutti gli italiani, anche a quelli più abbienti è una scelta sbagliata e iniqua.
D. Perché?
R. Le risorse utilizzate per togliere la Tasi alla parte più ricca degli italiani potevano essere utilizzate diversamente. Penso alle infrastrutture di questo paese che vanno urgentemente riammodernate. E poi si devono anche ridurre le disuguaglianze che si sono accumulate in questi anni. Non è solo un fatto di equità. La stragrande maggioranza degli italiani oggi è molto più povera di sette anni fa e se non ricominciano loro a consumare di più, la crescita del Paese sarà più lenta e destinata a esaurirsi più rapidamente. Per questo la legge di stabilità rischia di essere l’ennesima occasione perduta.
D. Qualche suggerimento da dare a Renzi?
R. Una valanga! Ma per realizzarli il Governo deve tagliare la spesa improduttiva e clientelare e non promuovere nuovi debiti.
D. Immaginiamo che ci siano le risorse, cosa farebbe per rilanciare l’occupazione?
R. Assicurare maggiore flessibilità in uscita dal lavoro verso la pensione senza oneri eccessivi per i futuri pensionati. Questa scelta garantirebbe centinaia di migliaia di assunzioni in più, quasi tutti giovani…
D. E poi?
R. Il credito di imposta per far ripartire il Meridione.
D. Una ultima richiesta?
R. Trovare le risorse per rinnovare i contratti dei dipendenti pubblici e indicizzare le pensioni. Il sistema delle imprese che incassa la riduzione dell’IRAP e quella contributiva deve rinnovare i contratti di lavoro, garantendo aumenti salariali a tutti i lavoratori e non solo a quelli più fortunati che svolgono la loro attività nelle aziende dove si fa contrattazione di senso livello.
D. Quindi no a salari legati alla produttività?
R. Me la cavo anche qui con un esempio e pochi numeri. Le aziende che applicano il contratto dell’industria alimentare sono 54.000. Non tocca a me dire quante sono iscritte a Confindustria. A me compete invece l’onere di sottolineare che i contratti di secondo livello che stipuliamo riguardano meno del 10% di quelle imprese.
D. Dunque?
R. Generalizzando possiamo dire che chi pensa che il salario degli italiani possa crescere solo in azienda o non conosce la realtà o è interessato a che le persone che in questo paese vivono e lavorano diventino progressivamente più povere. Noi non siamo d’accordo. Vogliamo negoziare con le controparti come, non se, i salari nazionali cresceranno nei prossimi anni. La parte della retribuzione legata alla produttività non può che essere aggiuntiva a una equa retribuzione che deve crescere di pari passo con le ricchezze del Paese.
D. C’è il rischio che, su questo tema, il Governo entri a “gamba tesa” come ha fatto venerdì con il decreto che limita il diritto di sciopero e di assemblea per i dipendenti dei musei…
R. Io mi auguro che il Paese e non solo il Sindacato reagisca con determinazione a questa violenza ingiustificata.
D. Addirittura?
R. Anche in questo caso partiamo dalla realtà che quasi sempre viene mistificata. L’assemblea dei lavoratori che è diventata il “casus belli” era stata preannunciata e indetta regolarmente. Dove è lo scandalo?
D. Forse nei tanti turisti rimasti fuori?
R. L’assemblea è stata programmata a inizio turno e per due ore. Parliamo di un monumento, il Colosseo, aperto 363 giorni l’anno e le persone che ci lavorano hanno diritto di riunirsi e confrontarsi quando, e questo è il caso, gli straordinari non sono pagati dall’anno scorso e la carenza di personale è sotto gli occhi di tutti.
D. Quindi un provvedimento sbagliato.
R. Certo che sì. E d’altronde il Governo francese non ha certo ridotto le libertà sindacali quando anni fa gli scioperi costrinsero il Louvre a rimanere chiuso per due settimane. La National Gallery a Londra in questi giorni apre a singhiozzo perché anche lì è in atto una dura lotta e non mi pare che Cameron accusi il sindacato di tenere in ostaggio il Paese. Meglio avrebbe fatto il Governo ad emanare un provvedimento che stanziasse finalmente risorse sufficienti e personale in numero adeguato a valorizzare il nostro patrimonio artistico. No. Siamo a un provvedimento autoritario che ci riporta ad anni bui…
Per noi del settore agricolo inoltre l’amarezza è ancora più profonda.
D. Perché?
R. Renzi trova più urgente varare un decreto che limita le libertà sindacali piuttosto che quello che estende il reato di intermediazione illecita di manodopera a chi si mette in combutta con i caporali. È triste ma è così. La morte di chi, sotto al sole, è pagato due euro l’ora vale per questo governo meno delle due ore di attesa a cui sono stati costretti i turisti in visita al Colosseo.