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Mantegazza: Parigi e l’Isis, l’Europa, l’Italia e gli errori da non commettere più

17 Novembre 2015
in L'INTERVISTA
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L’INTERVISTA
Mantegazza: Parigi e l’Isis, l’Europa, l’Italia e gli errori da non commettere più
di Fabrizio De Pascale

Fabrizio Eccoci qua per la solita intervista domenicale…
Stefano Oggi, nessuna intervista.

F. E allora perché mi hai fatto venire a casa tua?
S. Perché sono sconvolto da quello che è successo a Parigi e ne volevo parlare un po’ con te…

F. Sconvolto tu! Pensa io che ho una moglie francese e tanti amici, conoscenti…
S. Anche per questo volevo parlarti. Oggi siamo tutti scioccati da una strage che continuiamo a ripetere, essere insensata. C’è chi parla di guerra globale, chi di guerra di religione, c’è chi si mobilita, chi colora i monumenti… scelte giuste, obbligate ma mi sembra che ancora una volta rispondiamo con il cuore e non con il cervello.

F. Puoi spiegarti meglio?
S. Io penso che per l’ISIS il nemico da battere non sia la Francia o un supermercato Kosher siamo tutti noi, la nostra cultura, i nostri valori. Ma fino ad oggi abbiamo sempre girato lo sguardo da un’altra parte.

F. Mi sembri, come spesso accade, un po’ eccessivo!
S. Allora leggi l’editoriale di Mieli, di ieri sul Corriere; inizia così “Questa volta, evitiamo di consolarci urlando “Siamo tutti al Bataclan”. Sappiamo come andò undici mesi fa dopo l’attentato a Charlie Hebdo: due settimane di lutto e poi tutto tornò come prima”. Anzi dico io un po’ peggio.

F. In che senso?
S. Che abbiamo messo in scena la solita rimozione collettiva delle tragedie che si sono in questi anni verificate, una rimozione che colpisce, prima ancora della opinione pubblica, le nostre istituzioni. In particolare noi italiani abbiamo continuato a credere che le bandiere nere del Califfato che sventolano in Libia siano il simbolo di un mondo lontano da noi e non distante poche miglia di mare. A questa rimozione, la politica accompagna una sottovalutazione delle scelte che l’Europa deve compiere in campo politico, economico e sociale.
E infine, per dirla tutta è cresciuto, almeno fino ad oggi, anche il partito di chi in qualche modo prova a giustificare questi delinquenti.

F. Addirittura! non ti sembra di esagerare…
S. Niente affatto, sono decine di esempi che vanno in questa direzione te ne cito uno e neanche il più clamoroso. Una gita scolastica che includeva anche una visita al Cristo dipinto da Chagall è stata annullata, nel timore che potesse offendere gli allievi di religione musulmana. E’ un errore clamoroso. Le opere d’arte non offendono fedi e convinzioni di alcuno, a prescindere da quello che rappresentano. E visto che mi provochi guarda le “linee guida” emanate di recente dalla Oxford University Press per i suoi autori in cui si raccomanda di eliminare la parola “maiale” e “carne di maiale” nei testi scolastici in modo da non offendere musulmani ed ebrei.

F. E questi esempi secondo te cosa tendono a dimostrare?
S. Che dobbiamo liberarci dall’ansia di dimostrarci politicamente ipercorretti. E’ doveroso distinguere il fanatismo omicida dell’ISIS dalla cultura islamica, che ha regalato e regalerà capolavori alle umanità. Ma non dobbiamo avere dubbi. La violenza va repressa con la violenza, il mondo ha continuato ad ascoltare Beethoven e Wagner e a leggere Goethe e Kant anche mentre eliminava il nazismo dalla faccia della terra.

F. Forse hai ragione… andiamo oltre. Poco fa accennavi alle sottovalutazioni europee.
S. Io sono sempre stato un convinto assertore di una Europa unita e invece il processo di integrazione si è fermato all’euro. Il percorso voluto dai padri costituenti va ripreso e portato a compimento rapidamente. Basta con i giri di valzer, i tentennamenti e i distinguo, cominciamo ad unire sul serio l’Europa, forse all’inizio qualcuno si tirerà indietro, pazienza! Come è successo con l’Euro, si aggiungeranno in un secondo momento.

F. A cosa ti riferisci quando parli di diverse politiche economiche e sociali?
S. Oggi ancora più di ieri l’Europa deve puntare alla piena occupazione, come stanno facendo gli Stati Uniti, e il quantitative easing non è sufficiente. Bisogna cambiare le scelte economiche fin qui perseguite. Venti milioni di disoccupati, salari ridotti all’osso, precarietà, disuguaglianze, formano un coagulo di sofferenze che noi come sindacato abbiamo sempre denunciato come inaccettabile e che oggi rappresentano il rischio di una esplosione incontrollata di malessere.

F. Per essere concreti…
S. L’Europa e i Governi, approfittando di questi tassi di interesse bassissimi, si indebitino a lungo termine per finanziare un piano gigantesco di infrastrutture, tra l’altro indispensabile per modernizzare l’Unione. In questo modo riparte l’occupazione, il benessere, la fiducia nel futuro e poi devono ripartire i consumi, vanno messi più soldi in tasca a pensionati e lavoratori tagliando il cuneo fiscale : l’inflazione deve risalire in fretta.

F. Di conseguenza la legge di stabilità…
S. Non è sufficientemente espansiva. La ripresa in atto va rafforzata, intervenendo sui consumi interni: più soldi ai pensionati, estendendo anche a loro il bonus degli 80 euro, più soldi ai lavoratori, rinnovando i contratti scaduti a cominciare da quelli del pubblico impiego e, poi, diamo spazio alla staffetta generazionale proposta dalla UIL e solo in parte ripresa dal Governo. Lasciamo gli anziani riposare e diamo una prospettiva ai giovani.

F. In buona sostanza la ricetta della UIL…
S. Fatti non parole. Anzi numeri. Guarda questa ricerca della CGIA di Mestre sulle tredicesime. Rispetto al 2014 mediamente ogni pensionato con un assegno mensile superiore ai mille euro percepirà un aumento di 3 euro, l’operaio specializzato 14. Mi domando: è con questi incrementi che pensiamo di sostenere i consumi?

F. Ma la ripresa è in atto?
S. Sì, per fortuna ci siamo lasciati alle spalle la recessione, abbiamo imboccato la strada giusta ma siamo tra i più lenti di Europa.
Acquisti di titoli di Stato per otto miliardi al mese su mandato della Banca centrale europea, tassi d’interesse in calo, petrolio ai minimi, un euro debole che aiuta l’export e l’evidente spinta ai consumi dell’Expo di Milano hanno prodotto un risultato modesto: cresciamo la metà della media europea. Se il Governo non cambia la Legge di Stabilità l’Italia potrebbe non centrare gli obiettivi di crescita dell’anno prossimo. Tornerebbe ad innescarsi un ciclo di eventi già, troppe volte sperimentato: meno entrate, più spesa sociale, più deficit, più dubbi a Bruxelles e nel Paese sulla tenuta della finanza pubblica, una paralizzante incertezza sulle prossime misure.

F. Quindi?
S. Più spending review e più soldi ai consumi.

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