GIORNO PER GIORNO
Il ritorno della finanza creativa
Mentre le risorse per finanziare il “tesoretto” da 1,6 miliardi sfumano progressivamente all’orizzonte, all’appello del DEF rischiano di mancare 1,7 miliardi. Il governo, infatti, conta di incassare questa somma grazie a una fantasiosa “inversione dei pagamenti IVA”, ribattezzata “split payment” e “reverse change”, del valore, rispettivamente, di 728 e 998 milioni di euro.
Anni addietro, i ministri del Tesoro tentavano di quadrare i conti con la finanza creativa, senza grande successo, adesso il governo prova a farlo con la creazione di finanza. Non è detto gli riesca, perché questa manipolazione dell’IVA deve essere autorizzata dalla UE, che non sembra intenzionata a farlo.
Se mancheranno quei 1,7 miliardi, scatteranno le “clausole di salvaguardia” contenute nelle due ultime Leggi di Stabilità che, a decorrere già dal 30 giugno prossimo, prevedono i soliti aumenti delle accise su benzina e petrolio per 1,72 miliardi. E non finirebbe qui, anzi, nei tre anni a venire si andrebbe di male in peggio.
Quelle stesse clausole, infatti, obbligano l’Italia a tagliare la spesa pubblica e ad aumentare IVA e accise, rispettivamente: per circa 3,3 e 12,8 miliardi l’anno prossimo; per 6,3 e 12,8 l’anno successivo e per 6,3 e quasi 22 nel 2018.
Un disastro, capace di soffocare sul nascere i primi, timidi segnali di ripresa della produzione, dei consumi e dell’occupazione, più che sufficiente a sconvolgere i già traballanti equilibri del bilancio pubblico.
Il DEF promette di disinnescare queste clausole e vorremmo tanto fidarci, ma è difficile credere sulla parola a un DEF in cui i tesoretti appaiono e scompaiono, delle cui previsioni di crescita né il FMI né l’OCSE si fidano, che prima minaccia quasi 9 miliardi di riduzione della spesa locale e poi si arrende senza combattere alla voglia di spendere di sindaci e governatori.
Ciliegina sulla torta, i concessionari del Bingo e delle “slot machines” (ai quali, a suo tempo, è stata inflitta una multa miliardaria, poi ridotta a soli 500 milioni e, per buon peso, rateizzata) a fine mese dovrebbero pagare i primi 200 milioni, forse ne verseranno la metà e Padoan dovrà trovare gli altri 100 sul fondo di un qualche barile fiscale.
Però i barili stanno finendo e la pazienza di chi li ha finora riempiti è finita da un pezzo.