PREVIDENZA
APE, problemi e opportunità
di Eleonora Tomba
All’interno del pacchetto di misure messo a punto dal Governo e sottoposto a Cgil, Cisl e Uil c’è l’APE (anticipo pensionistico), che prevede la possibilità di andare in pensione fino a 3 anni e 7 mesi prima di quanto previsto dalla Riforma Fornero, con alcune penalizzazioni.
Tre i requisiti, dunque, per poterne usufruire: aver compiuto almeno 63 anni di età; maturare i requisiti per l’assegno di vecchiaia entro 3 anni e 7 mesi (nel 2016: 65 anni e 7 mesi per le lavoratrici, 66 e 7 mesi per i lavoratori dipendenti + almeno 20 anni di contributi versati); importo della pensione non inferiore a un certo limite, ancora da definire.
L’anticipo potrà essere richiesto in tre ipotesi: “Ape volontaria”, quando il lavoratore decide di lasciare anticipatamente il proprio posto; “Ape sociale”, cioè a costo zero, per i lavoratori a basso reddito in condizioni di maggior bisogno, come disoccupati di lungo corso, addetti a lavori usuranti, dipendenti con problemi di salute o necessità di assistere familiari; “Ape aziendale”, in caso di crisi di impresa o utilizzato per favorire il turnover dei dipendenti.
L’APE, nella sostanza, è un prestito erogato da una banca in favore del pensionato, a copertura del periodo che intercorre tra la data di inizio dell’anticipo e la data di maturazione vera e propria della pensione. Una volta raggiunta l’età anagrafica prevista dalla legge, terminerà l’erogazione del prestito e inizierà la fase di rimborso mensile dello stesso per vent’ anni. La restituzione avverrà in venti anni a prescindere dalla durata dell’anticipo e dall’importo dell’assegno, dividendo la cifra complessiva in rate mensili.
Tutta l’operazione comporta dei costi. Per il prestito oneroso (escluso, quindi, l’APE Sociale) si può ipotizzare un tasso annuo nominale del 3%. C’è poi il premio assicurativo che deve essere stipulato a copertura del rischio di premorienza del lavoratore-pensionato e c’è, inoltre, un “costo previdenziale” determinato dal fatto che si rinuncia a versare l’ultimo periodo di contributi; dunque, una volta raggiunto il diritto al trattamento di vecchiaia, l’assegno finale sarà ridotto tenendo conto del mancato versamento dei contributi dell’ultimo periodo e per il “peso” della rata mensile del prestito da restituire. Questi ultimi due oneri, nel caso dell’APE sociale sarebbero invece a carico dello Stato (fino a un determinato importo dell’anticipo ancora da stabilire), mentre nel caso di APE aziendale l’impresa potrà contribuire a coprire i costi tramite il versamento di contributi che andranno a determinare un incremento della pensione per compensare l’onere dell’anticipo.