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Recovery Plan, serve fare in fretta e partire dalla formazione

di Stefano Mantegazza

25 Febbraio 2021
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Recovery Plan, serve fare in fretta e partire dalla formazione
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Abbiamo più volte sottolineato il nostro giudizio negativo sul “Recovery Plan” proposto dal Governo uscente, criticandone sia la forma (mancata coinvolgimento delle parti sociali) che i contenuti. Il passaggio del testimone al governo Draghi ci consente ora di sottolineare quali correzioni “macro” ci aspettiamo dal nuovo Esecutivo.

Nella proposta del Governo Conte, circa 75 miliardi erano collocati su progetti già esistenti e oltre 40 utilizzati sotto forma di incentivi. Solo una quota modesta andava a finanziare progetti nuovi, peraltro non destinati a partire nell’immediato. Queste scelte non avrebbero consentito, a nostro avviso, una rapida ripartenza del paese che, invece, ha un bisogno disperato di tornare a seguire la Stella cometa della crescita e dello sviluppo, creando nuova ricchezza e nuovi posti di lavoro.

La prima esigenza, pertanto, è che il Governo Draghi riesca a indirizzare la maggior parte degli oltre 200 miliardi, che arriveranno dall’Europa, verso nuovi progetti, immediatamente cantierabili e capaci di generare, da subito, più valore economico, sociale e ambientale. Una scelta essenziale che ne sottende una seconda altrettanto importante: garantire che questi investimenti siano efficaci e abbiano una resa di alta qualità, utile a far uscire il paese dalla crisi.

L’ulteriore debito che il Paese sta per contrarre deve essere un “debito buono”, che consenta una ripartenza, con più giovani e donne al lavoro e che sia volano di una crescita perché solo con un forte incremento del Pil potremo ridurre l’enorme deficit causato da due anni di pandemia e dalle ingenti risorse europee in arrivo.

Terza e ultima esigenza: non si può pensare di rilanciare il paese, con progetti da realizzare per 200 miliardi, senza porsi il problema della professionalità del lavoro necessario a realizzarli. Sarebbe drammatico avere risorse e progetti cantierabili e scoprire di non avere i lavoratori necessari perché non si è provveduto ad allineare le competenze con i nuovi fabbisogni chiesti alle imprese.

È necessario, quindi, finanziare un gigantesco piano di formazione rivolto, in particolare, ai disoccupati di oggi, con un occhio più attento ai giovani e alle donne e poi a tutte quelle persone che rischiano di esserlo domani, proprio per mancanza di competenze necessarie. Sarà anche l’occasione per ripensare il funzionamento di tutte le politiche attive del nostro paese che vanno messe nelle condizioni di formare e accompagnare verso nuovi lavori i tanti disoccupati creati dalla recessione dovuta al Covid.

Queste ci sembrano le premesse per creare, già in questo 2021, le condizioni per far ripartire la crescita, creare nuova occupazione e ridurre il rapporto debito pubblico – Pil. Un primo segnale di discontinuità col passato, il nuovo governo può darlo “anticipando da subito” il piano per le politiche attive, previsto nel Recovery, che nel programma specifico “React-Eu” rende immediatamente disponibili 1,5 miliardi (sui 9 totali destinati alle politiche attive), una cifra che potrebbe salire se il governo volesse, come ci auguriamo, rimodularla.

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