Era Iniziata con una fake news del ministro Centinaio “reintroduciamo i voucher in agricoltura”. Fake news perché le prestazioni di lavoro occasionale esistono da più di 10 anni nel nostro ordinamento e sono regolamentate, da ultimo, dalla legge 96 del 2017 che prevede(va) la possibilità di utilizzare questo strumento nel seguente modo: un’azienda dichiara per via informatica all’Inps i dati del lavoratore, durata e compenso minimo (pari al corrispettivo di 4 ore di lavoro continuative) della prestazione, da utilizzare entro 3 giorni dalla comunicazione. Inoltre, grazie alle lotte condotte da Fai-Flai-Uila da oltre 10 anni, nel settore agricolo questo strumento è utilizzabile solo per studenti, pensionati e disoccupati.
Poi è intervenuta qualche “manina esperta” del settore che ha contribuito a scrivere gli emendamenti all’articolo 54bis della legge, inseriti nel decreto dignità, che ampliano e manomettono l’uso di questo strumento legalizzando, di fatto, l’utilizzo del lavoro nero. Vediamo perché, in particolare per il settore agricolo.
Per prima cosa viene attribuita al lavoratore (prestatore) la responsabilità di autocertificare il proprio “status” di studente, pensionato o disoccupato, necessario all’azienda per assumerlo con il voucher, sollevando quindi questa da qualsiasi sanzione nel caso venga dichiarato il falso. La portata di questa modifica è del tutto evidente… Pur di lavorare il prestatore, spontaneamente o indotto dal datore di lavoro, sarà disposto a dichiarare qualunque cosa. Se pensiamo ai lavoratori stranieri, sarà molto difficile dimostrare se siano, nel loro paese, studenti o disoccupati…
Ma la manomissione più grave è l’ampliamento del periodo di utilizzo dei voucher da 3 a 10 giorni e la possibilità di “spalmare” le 4 ore di lavoro in questo arco di tempo. In sostanza, acquistando un voucher di 4 ore l’azienda può far lavorare regolarmente una persona per dieci giorni, impiegandola per 24 minuti al giorno. In questo modo, la vendemmia si farà raccogliendo pochi grappoli al giorno.
Al di là delle battute, la norma così modificata non garantisce più il compenso minimo giornaliero e prefigura la costituzione di un salvacondotto per chi vuole continuare a pagare il lavoratore in nero, da mostrare solo in caso di ispezione. Non ci può essere un’altra motivazione.
Fai, Flai e Uila, nei giorni di mobilitazione davanti al Parlamento, hanno incontrato i presidenti delle commissioni Lavoro di Camera e Senato, della commissione Agricoltura della Camera e numerosi parlamentari. A tutti abbiamo cercato di spiegare la portata di queste modifiche che, da una parte manomettono il contratto di lavoro, dall’altra spingono verso il lavoro nero un settore che, tra mille difficoltà, grazie alla nuova legge sui voucher e alla legge 199/2016 sul Caporalato, ha iniziato un percorso di emersione, trasparenza e legalità. Un percorso che rischia così di fermarsi.
Qualche dato: tra il 2014 e il 2017 le giornate di lavoro regolarmente dichiarate in agricoltura sono passate 76,1 a 82,3 milioni (+7,6%) e il numero di occupati a tempo determinato da 909 mila a 956mila (+4,9%). In agricoltura, il 90% della manodopera è stagionale. Basterà licenziare le persone per un anno, per poi riassumerle l’anno dopo con i voucher. Una vergogna!
Abbiamo anche spiegato ai parlamentari della maggioranza che tutte le persone assunte con i voucher non avranno diritto alla disoccupazione e alle prestazioni di assistenza e previdenza e, le donne, alla maternità.
Avremmo voluto parlare di tutto questo anche al ministro del Lavoro, Di Maio che, in questi giorni, anziché incontrare noi, preferisce rilasciare dichiarazioni alla stampa sempre più fantasiose e improbabili che stridono con la realtà dell’operato del governo, arrivando a dire che la nuova normativa sui voucher “non permette nessun tipo di abuso”. Delle due l’una: o è male informato e non ha capito, oppure è in malafede.
È comunque del tutto evidente che la nostra mobilitazione procede e che sarà necessario prevedere in settembre una risposta ancora più dura alle scelte fatte dal Governo che noi riteniamo gravi e inaccettabili.