DISCRIMINAZIONE
Più facile dimostrarla se c’è l’ingiusto licenziamento
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 15435 del 2016, torna a pronunciarsi in materia di discriminazione.
Un datore di lavoro, alla fine del periodo di tutela della maternità previsto dall’art. 56 del d.lgs. 151/2001 e senza ragioni di carattere tecnico-produttivo e organizzativo, ha trasferito una lavoratrice madre a 150 chilometri di distanza dalla sede presso cui operava, integrando una condotta discriminatoria. La dipendente ha rifiutato tale spostamento ed è stata licenziata per giusta causa.
I giudici della Corte hanno dichiarato la nullità del trasferimento e del licenziamento, dando ragione alla lavoratrice. La Cassazione ha ritenuto che, in tale caso, l’onere della prova di dimostrare l’insussistenza della discriminazione non ricadesse su di lei ma sul datore di lavoro. Infatti, l’adempimento dell’onere probatorio posto a carico del dipendente non deve necessariamente concretizzarsi ricorrendo a dati numerici o statistici per sostenere l’ingiusto licenziamento: è sufficiente che ci siano indizi e elementi di fatto che facciano emergere la condotta discriminatoria del datore.