TERREMOTO NEPAL
Himal, Irene e Mahesh ringraziano la UILA
Namaste!
di Irene Marini
È un saluto in sanscrito originario della zona di India e Nepal e significa letteralmente “mi inchino a te” o “Onoro la Divinità che risiede in Te”.
Con questo saluto ti accolgono i nepalesi nella loro “terra degli dei” quando visiti le loro città, i loro templi e le loro montagne sacre.
Il terremoto in Nepal del 25 aprile ha spezzato le vite di molte persone, ha cambiato la vita di tutti, sopravvissuti e non, ha stravolto l’equilibrio di molte famiglie, ha causato più di 8.000 morti, ingenti danni alla popolazione e alle infrastrutture.
Ha cambiato anche la mia e quella di mio figlio, ancora così piccolo per capire, ma che sente fortemente la mancanza del papà ogni giorno e si chiede come mai lui non c’è più.
Mio marito non sarebbe dovuto essere là, eppure c’era. Era in Nepal per salutare la sua famiglia e per fare quel che più lo appassionava in questa vita, quel che gli ha sempre dato da mangiare e da dormire, quello che lui aveva scelto come suo lavoro: la guida di montagna per “trekker” sull’Himalaya. Amava stare in mezzo alla natura e con la sua gente, persone speciali, tanto povere fuori ma tanto ricche dentro.
Aveva imparato tante lingue, ne conosceva ben 6, perché amava comunicare con le persone e trasmettergli tutta la sacralità e la bellezza della sua terra. Tutti lo amavano e non si sanno dar pace per la sua prematura scomparsa. Era un uomo semplice, socievole, amabile, generoso e d’animo puro. Sempre col sorriso sulle labbra e negli occhi, sapeva cogliere la bellezza delle persone in ogni piccolo gesto, cogliere il lato buono in ognuno e apprezzare anche le cose più piccole, spesso insignificanti per noi, ma tanto preziose per lui e per quelli come lui che hanno sempre vissuto con poco o niente, meglio di noi che abbiamo tutto ma non è mai abbastanza.
Lui diceva sempre (in spagnolo) “In Nepal todo es posible, nada es seguro” (in Nepal tutto è possibile, niente è sicuro). Per lui è stato proprio così. Era un’anima libera; per lui tutto era possibile, ma niente era sicuro in questa vita!
Non ho mai incontrato in tutta la mia vita un’anima bella come la sua. Probabilmente era destino che dovesse andarsene così presto. Probabilmente aveva dato e ricevuto da tutti noi tutto quello che poteva dare e ricevere: questo è quel che penso oggi.
Io e mio figlio Himal siamo grati di aver condiviso la nostra vita, seppur per poco tempo, con lui. Questo avrebbe voluto Mahesh: che fossimo contenti per ciò che abbiamo avuto e non tristi per ciò che non abbiamo più.
È tornato alle sue radici, alla sua terra e l’unica consolazione che ho è che lui è là dove sarebbe voluto essere: nella natura, sulle sue montagne, in un luogo sacro che ora ancor più di prima verrà attraversato da migliaia di escursionisti che pregheranno per la sua anima insieme a quella di migliaia di persone rimaste vittime di questa tragedia.
È dove avrebbe scelto di voler stare se solo avesse potuto scegliere.
Sarebbe stato molto contento di sapere che tante persone hanno avuto un pensiero per lui e per la sua famiglia, che voi avete contribuito a costruire il futuro di suo figlio.
Io non ho parole per ringraziare tutti quanti per la vostra generosità e per l’affetto dimostratoci in questo periodo così tremendo per noi. Vi ringrazio dal profondo del mio cuore anche a nome di Himal che quando sarà grande sarà contento che la sua mamma abbia avuto accanto in questo particolare momento tante persone per aiutarla e sostenerla.
Avrei preferito ringraziarvi uno per uno, ma non potrei mai farlo senza dimenticare qualcuno di voi e ciò mi dispiacerebbe. Per questo vi ringrazio tutti con questa parola forte e profonda che saluta il “sacro che è in voi”.
Namaste!