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La NASpI “troppo complessa” costa cara ai disoccupati

1 Settembre 2015
in Lavoro
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LAVORO
La NASpI “troppo complessa” costa cara ai disoccupati
di Eleonora Tomba

Il 28 agosto l’INPS ha diffuso un comunicato stampa con il quale forniva un primo resoconto sull’attività di liquidazione della NASpI, la nuova indennità di disoccupazione in vigore dal 1 maggio 2015. Da allora, l’istituto ha definito 211.692 domande a fronte delle 513.861 richieste pervenute: stando ai dati diffusi, quindi, meno del 50% dei lavoratori licenziati ha ottenuto il nuovo ammortizzatore sociale. Il ritardo, si legge nel comunicato, è dovuto al fatto che “l’introduzione della nuova prestazione ha richiesto la soluzione di problemi applicativi attraverso implementazioni procedurali molto articolate”. È vero, in effetti, che il nuovo trattamento presuppone un sistema di calcolo molto più complesso della vecchia ASpI (i lavoratori godono di un trattamento tanto maggiore quanto è importante la loro storia previdenziale negli ultimi quattro anni), ma tale circostanza non può giustificare il fatto che migliaia di disoccupati siano rimasti senza alcun sostegno economico per mesi. L’impasse, infatti, ha causato il rilascio della procedura di pagamento delle domande a partire dal 15 luglio scorso e, dovendo gestire per prime le domande accumulate già dal 1 maggio, si è generata una catena di ritardi (quasi tre mesi, in pieno periodo estivo) a spese dei beneficiari della prestazione.

Da questa vicenda emerge una evidente difficoltà di comunicazione tra il governo, che ha “progettato” la NASpI, e l’INPS, delegato alla sua attuazione pratica; difficoltà incomprensibile per due soggetti pubblici che dovrebbero, invece, lavorare in perfetta sintonia. Cosa ancor più grave, è che i problemi di gestione interna del nuovo strumento si ripercuotono senza via di scampo su lavoratori e lavoratrici: chi si è ritrovato senza impiego al momento di entrata in vigore della NASpI e fa fatica ad arrivare a fine mese ha avuto vita dura in attesa di veder liquidato il sostegno al reddito cui aveva diritto. Un’inefficienza tutta italiana, che poco ha a che vedere con il salto di qualità che vorremmo per il Paese.

Caro Renzi, la vera modernizzazione non è un presidente del consiglio che twitta ma un Welfare State all’avanguardia, in grado di offrire ai cittadini tutte le tutele di cui hanno bisogno.

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