GIORNO PER GIORNO
Quei conti che non tornano tra evasione accertata e somme riscosse
Torniamo a ragionare di chi paga o non paga le tasse, cominciando da tutti o quasi i Governi che, da parecchi anni, al momento di finanziare alla meglio una qualche spesa priva di vera copertura hanno tirato fuori i “proventi della lotta all’evasione fiscale”.
Puntualmente incoraggiati e confortati, ogni tre o quattro mesi, da articoli e comunicati-stampa pieni di entusiasmo per i successi dei ” blitz” e delle indagini delle Fiamme Gialle nello scovare evasori più o meno totali ed accertare favolosi imponibili occultati al Fisco.
Poi arriva il Rendiconto Generale della Corte dei Conti a raffreddare gli entusiasmi ed a ridimensionare i successi.
La Magistratura Contabile, infatti, ha recentemente reso noto che tra il 2000 ed il 2014 la Guardia di Finanza ha consegnato all’Amministrazione Finanziaria ben 735 miliardi di imposte evase da mettere a ruolo, ma nelle Casse dello Stato, in quello stesso frattempo, ne sono effettivamente arrivati solo 83,5, poco più dell’11%.
Per di più, con l’andar del tempo, il rapporto tra evasione accertata e somme concretamente riscosse tende a peggiorare.
Perché, se tra il 2000 ed il 2005 il Fisco ha recuperato il 12,2% di quanto i contribuenti infedeli gli avevano indebitamente sottratto, nei nove anni successivi ha recuperato soltanto l’11,1% del maltolto e l’anno scorso è andata anche peggio, su 77,7 miliardi di evasione fiscale messa a ruolo, ne sono stati incassati appena 7,4, meno del 10%.
Sia chiaro, ogni euro recuperato dagli evasori è moralmente benedetto e finanziariamente benvenuto.
Però, delle due l’una o in Italia si indaga e si accerta a schiovere, sbagliandone nove su dieci, o nelle regole e nelle procedure della riscossione c’è più di qualcosa che non va e che bisogna correggere. La seconda ipotesi è largamente più plausibile della prima.
E allora si corregga, perché, se ogni 100 euro di evasione accertata, alla fine se ne incassano poco più o poco meno di 10, è purtroppo evidente che, così stando e restando le cose, non sarà la lotta all’evasione a risolvere le nostre angustie di bilancio.
Eppure, tanto per fare un po’ di non del tutto peregrina “fanta-finanza”, se avessimo recuperato tutti i 735 miliardi di euro sottratti al Fisco negli ultimi 15 anni, avremmo ridotto di circa un terzo l’ammontare del nostro gigantesco debito pubblico, rimettendolo grosso modo in linea con la media europea, ma anche averne recuperato soltanto la metà, avrebbe dato ai nostri malandati conti un sollievo pari ad un paio di manovre ed a otto o dieci “spending review”.
Soprattutto, se il nostro Governo del fare, nel suo anno di attività, avesse corretto quanto necessario a riscuotere i quasi 80 miliardi di imposte non pagate nel 2014 ( ma ci saremmo accontentati anche della metà ) avrebbe potuto, anziché aggiungere tassa a tassa, potare di un bel po’ i 150 miliardi e passa di euro che l’IRPEF ha prelevato e continua a prelevare, fino all’ultimo centesimo, dai lavoratori, dai pensionati, dai contribuenti per amore o per forza onesti.