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Flessibilità in uscita non leda i diritti dei lavoratori

5 Giugno 2015
in SINDACATO
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Pensioni
Flessibilità in uscita non leda i diritti dei lavoratori
di Eleonora Tomba

Il sistema pensionistico italiano ha un problema oggettivo, finalmente riconosciuto da tutte le parti, sindacato, aziende e Governo, dopo i tanti gridi di allarme lanciati dalla Uil: creare un ponte tra lavoro e pensione, dove le distanze sono aumentate notevolmente a seguito della Riforma Fornero e i cui effetti distorsivi sono enormi. Gli esodati ne rappresentano il caso più eclatante.

La Uil ha dichiarato da subito la necessità di trovare una soluzione che renda maggiormente flessibile l’accesso al pensionamento e recentemente sono fiorite una serie di proposte in materia.

La prima è proprio quella della nostra Confederazione, presentata il 3 Giugno dal segretario confederale Domenico Proietti, che prevede un range tra 62 e 70 anni di età all’interno del quale il lavoratore può scegliere di lasciare prima il lavoro su base volontaria senza penalizzazioni. Inoltre, la Uil propone di favorire il part-time negli anni antecedenti all’età pensionabile, con integrazione dell’onere contributivo ulteriore da parte dell’azienda. Questa possibilità è volta anche a favorire il ricambio generazionale, consentendo alle aziende di impiegare magari un giovane per la restante parte dell’orario di lavoro.

C’è, poi, il tentativo che stanno elaborando Fai, Flai e Uila di costituire un fondo bilaterale per integrare il reddito di chi viene licenziato a due anni dal pensionamento, accompagnandolo fino al raggiungimento dei requisiti previsti.

Infine, il disegno di legge del sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta e del presidente della Commissione Lavoro della Camera Cesare Damiano che consente l’accesso al prepensionamento ai lavoratori con trattamento mensile superiore a 1,5 volte l’assegno sociale (672,78 euro). Per chi sceglie di anticipare l’uscita dal lavoro (al massimo di 4 anni), sono individuate delle decurtazioni che variano in base all’anzianità anagrafica e contributiva e oscillano tra il 2% e l’8%, a seconda del rapporto età-contributi (oltre a quelle implicite derivanti dagli anni in meno di versamenti). È anche possibile posticipare il pensionamento, ricevendo un “bonus” stabilito con le stesse proporzioni.

Il Servizio politiche previdenziali della Uil ha realizzato uno studio che mostra vantaggi e svantaggi di questa proposta. Ad esempio, un dipendente del settore privato con uno stipendio annuo lordo di 20.000 euro che decidesse di uscire dal mondo del lavoro a 62 anni (età minima per il prepensionamento) e con 35 anni di contributi, subirebbe una decurtazione annuale della propria pensione di 1.056 euro, pari a circa una mensilità.

La Uila sostiene l’idea di consentire il pensionamento anticipato, oltre che per favorire il ricambio generazionale, soprattutto per quei lavoratori adibiti a mansioni pesanti, che diventano insopportabili dopo i sessant’anni. Consentire loro di uscire dal lavoro fino a quattro anni prima del previsto è un atto di tutela della loro salute e sicurezza e non può comportare una penalizzazione economica insostenibile. Per quanto ci riguarda, la richiesta di rendere maggiormente flessibile l’uscita dal lavoro non può prevedere decurtazioni dell’assegno pensionistico salvo, semmai, valutare con maggiore attenzione le percentuali di penalizzazione della proposta Baretta-Damiano.

Giudichiamo, invece, da non prendere neppure in considerazione l’ipotesi ventilata da più parti di ricalcolare tutti i trattamenti di chi anticipa il pensionamento con il solo sistema contributivo, poiché equivarrebbe ad un taglio di circa il 30%. Qualcosa di simile a quanto previsto dalla cd. “Opzione donna”, introdotta dalla Legge 243/2004 per le lavoratrici che vogliono andare in pensione con 57 anni e 3 mesi di età e 35 di contributi ma previo ricalcolo dell’importo applicando il metodo contributivo. Un’ipotesi scarsamente utilizzata, fino a oggi vi hanno fatto ricorso solo 28.000 donne. La spiegazione sta nella notevole decurtazione del trattamento pensionistico, circostanza che rende poco appetibile l’uscita anticipata e che come Uil siamo determinati a respingere se si intendesse applicare a tutti i lavoratori.

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